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La voce di Marianna Ucria
È una lunga vita quella di Marianna Ucria, nobildonna siciliana, scandita da un tempo fisico, quello proprio degli stadi fisiologici dell’esistenza di qualsiasi specie, e da un tempo metafisico, che va aldilà dei suoi anni e degli spazi in cui Marianna vive.
La peculiarità di Marianna Ucria, che riecheggia nelle pagine come la sua “mutilazione”, è il suo sordomutismo, che nel XVIII secolo è una menomazione insormontabile.
Le derivanti difficoltà non sono ciò che si percepisce leggendo il romanzo o comunque non è il focus della storia.
Il lettore è fin da subito colpito dall’intensità emotiva delle descrizioni, dai sentimenti, dalle impressioni di una Marianna bambina, figlia, donna, madre, moglie.
Una mancanza evolve in un’aggiunta, in un surplus ai suoi sensi, alla sua capacità di essere umana: la mente di Marianna si perde nelle voci e nei pensieri di chi la circonda, li scruta e così li vive.
Il fatto che non possa ascoltarli, comprenderli, non è un ostacolo ma un’abilità attraverso cui Marianna strappa il velo dell’ipocrisia, toglie la maschera con cui gli altri si presentano e il mondo degli uomini le si offre privo di filtri.
Dacia Maraini scrive un romanzo che possiede l’oggettività di una pagina da manuale di storia senza però avere la pretesa dell’insegnamento e la pesantezza dell’erudizione: la storicità del periodo viene rispettata ed esaltata dalle scelte della scrittrice, non c’è l’ombra di esagerazione o di sentimentalismi.
L’amore è vissuto in una certa maniera, senza cadere in romanzeschi intrecci.
Grazie ad una infallibile accuratezza nei dettagli e ad un gusto per l’etnografia e per il viaggio, Dacia Maraini disegna i paesaggi e gli interni attraverso un quadro perfetto tanto che il lettore riesce a rivedere tutto con i propri occhi.
Come la lente di un antiquario, la penna dell’autrice si poggia sui dettagli culinari, sulle ricette, sui rimedi, sugli abiti, sulle abitudini della gente nobile e povera della Sicilia della prima metà del 1700: il contenuto è racchiuso in una forma stilistica aderente ai tempi, alla lingua e al dialetto siciliano, è un lessico reale “verista”.
Ricorrente è il tributo alla filosofia e alle idee dell’inglese David Hume, incoraggiamento per la nobildonna a non essere fedele alla religione della credenza.
Ma la prova concreta della storicità del romanzo sta proprio in un fatto della trama: non svelare a Marianna della violenza subita, dell’incesto perpetrato dallo “zio marito” quando era molto piccola, un segreto custodito da un padre tanto amato, che ha causato il sordomutismo alla piccola Ucria.
L’incesto così come l’omertà familiare erano fatti comuni a quel tempo e svelarli avrebbe tradito la veridicità di molti avvenimenti del periodo.
L’unico fatto romanzesco è inconfutabile: il silenzio di Marianna lascia spazio alla voce del cuore e di una mente con le prospettive e i desideri di una donna del Duemila, perché l’universo dei sentimenti umani non conosce i limiti del tempo.
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