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Io non voglio comportarmi in modo diverso
Nel romanzo di Fabio Geda le Anime scalze sono il quindicenne Ercole Santià, la sorella Asia, il piccolo Luca: bimbi e ragazzi lasciati soli da adulti sconclusionati, incapaci di svolgere il ruolo di educatori e di guide.
Ercole è alle prese con il primo amore, quello per Viola, una ragazza di buona famiglia, che in lui coglie spontaneità e originalità. Ma Ercole deve affrontare una situazione familiare disastrosa: un padre buono, tuttavia facile all’ebbrezza; il rischio di interventi degli assistenti sociali; una madre sparita, alla quale risale grazie ad alcune cartoline che indirizzano verso Pinerolo e, da lì, a Erta.
Nella narrazione e nei dialoghi Geda assume, con efficacia di risultato, il punto di vista del quindicenne protagonista:
“E come facciamo?
Basta comportarsi in modo diverso.
Io non voglio comportarmi in modo diverso.
Allora non vuoi essere diverso da lui.
Non so. Forse no.”
La prospettiva è credibile (“Quell’estate… Un tempo a fisarmonica, con giorni lunghissimi e immobili, la polvere che galleggia nell’aria, e giorni veloci, come lepri che fuggono verso le tane, per non farsi catturare”), l’esito narrativo interessante (“Nel Cimitero Monumentale di Torino sono sepolte persone come Silvio Pellico, che ha passato un sacco di tempo in prigione; Galileo Ferraris, uno scienziato che ha dato il nome a un liceo; Ferrante Aporti, uno che si è occupato di educazione e per questo gli hanno intitolato il carcere minorile; Primo Levi, di cui ci hanno fatto leggere un libro, a scuola, che prima o poi devo rileggere perché secondo me diceva delle cose enormi e la mia testa era ancora troppo piccola; e il Grande Torino, la squadra intera morta nella tragedia di Superga…”).
Giudizio finale: generazionale, convincente, colpevolista.
Bruno Elpis
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