Dettagli Recensione
La bellezza dell’inverso
Grana, estate 1984. Una manciata di vecchie case isolate, immensi prati in cui pascolano mucche e un ruscello scintillante. Sulle sponde opposte, due ragazzini si guardano, si osservano, senza parlarsi. Uno è Pietro, appena arrivato da Milano per trascorrere le vacanze. L'altro è Bruno, che in quella valle ai piedi del Monte Rosa ci è nato e cresciuto. Due solitudini e due silenzi diversi, eppure simili. È così che ha inizio la storia di un’amicizia che attraverserà le loro vite.
Protagonista di questo romanzo è, prima di tutto, un’amicizia. Un’amicizia che ha un odore, quello di fieno e stalla, di terra umida e fumo di legna. Un colore, il grigio ferro, spruzzato di bianco, delle creste all’orizzonte. Un suono, quello del vento che soffia, di notte, nella conca. La montagna, infatti, non fa semplicemente da sfondo ma è il cuore pulsante di questo legame, testimone e compagna dei loro giochi, dei loro sbandamenti, della loro crescita.
Negli anni, le strade di Pietro e Bruno si divideranno. Mentre il primo, introverso e irrequieto, comincerà a muoversi senza sosta tra lavori, città e continenti diversi, alla ricerca della propria strada, l’altro rimarrà ancorato a quella valle che da sempre rappresenta il suo amore, la sua speranza, il suo destino. Ma Grana e quest’amicizia incrollabile, che si nutre di assenze e distanze, saranno sempre per Pietro una meta a cui fare ritorno. Ma cosa cerchiamo davvero quando sfuggiamo alla città, trovando rifugio tra le vette? Forse noi stessi o una parte di noi, quella solitaria, introversa, selvatica.
“Ogni valle possedeva due versanti di carattere opposto: un 'adret' ben esposto al sole, dove c'erano i paesi e i campi, e un 'envers' umido e ombroso, lasciato al bosco e agli animali selvatici. Ma dei due era l'inverso quello che preferivamo”.
Quella che ci racconta questo romanzo non è infatti una montagna dalla bellezza scintillante, avvolta da sentimenti lirici, ma un luogo di pietre aspre, di gesti antichi e faticosi, di boschi umidi e ombrosi. Un luogo dell’anima, difficile come la vita e complesso come le persone.
Con la grazia della semplicità e una delicatezza capace di arrivare dritta al cuore di chi legge, Paolo Cognetti riesce a farci respirare l’anima della montagna, non certo come meta turistica, ma nella sua essenza più profonda. Facendola sentire e amare anche a chi, come me, non la conosce affatto. Il lettore si ritrova a camminare con passo costante e armonico lungo sentieri che parlano delle difficoltà della vita moderna, di ritmi antichi, di rapporti e sentimenti eterni, come quello tra padri e figli. E scopre in queste pagine un piccolo rifugio, in cui ripararsi per pensare, alla luce delle stelle, e commuoversi.
“Una bellezza cupa, aspra, che non infondeva pace ma piuttosto forza, e un po' d'angoscia. La bellezza dell'inverso”.
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Commenti
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Quando un libro commuove ed emoziona, poi, è davvero bello poterlo condividere.
Ciao, Manu
Buona lettura, Laura!
Grazie mille.
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una proposta di lettura interessante, accompagnata da una recensione davvero eccellente.
Brava come sempre!
Fede