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Perché mi lavo due volte al giorno
Quello che l’acqua nasconde di Alessandro Perissinotto è titolo che allude alla sindrome di Macbeth (“Lo hai capito perché mi faccio il bagno o la doccia due volte al giorno?”).
Edoardo Rubessi, genetista in odore di Nobel, torna a Torino dagli States con la moglie Susan, fotografa, per un ciclo di convegni. Dovrebbe essere un ritorno trionfale e invece si trasforma in un incubo a causa di un vecchio stalker (“Potresti ammazzarmi questo sì, o farmi ammazzare, ma denunziarmi no, sarebbe troppo rischioso per il tuo personaggio pubblico, per la tua carriera, per i tuoi finanziamenti: non si dà il Nobel a quelli come te”) che assedia la coppia con messaggi strani (“Ho scoperto che villa Azzurra era un ospedale psichiatrico infantile e che oggi è abbandonato…”) e ambigui (“Chi è il dottor Grubesic?”).
Susan è preoccupata (“Non so più chi sia mio marito”) e cerca aiuto nel narratore, amico di gioventù del marito (“Eravamo esaltati, infervorati: recitavamo il Padre Nostro tenendoci per mano, animavamo le novene e, sugli autobus che ci portavano in gita, cantavamo Laudato si’ come altrove si cantavano Battisti o i Beatles. Nessuno di noi si rendeva conto di essere dentro una truffa che durava da migliaia d’anni”) per ricostruirne il passato.
In successione di eventi, infanzia adolescenza e gioventù del brillante medico (“Era sempre così con le malattie genetiche: tutti i genitori… sentivano che all’origine c’era una sorta di antico peccato, c’era la maledizione di un’unione carnale invisa agli dei, di un amore che non avrebbe mai dovuto nascere”) vengono a galla (“Mi fece sentire un 45 giri di Sergio Endrigo: si intitolava 1947”). Edoardo è figlio di esuli istriani, morti alcolizzati, e non soltanto…
Nella Torino post boom economico (“La Torino segreta, silenziosa, dimenticata, nascosta, impresentabile”), mentre le incursioni nei palazzi fatiscenti e abbandonati si alternano ad articoli tratti da La Stampa, Susan penetra i segreti del marito (“Edoardo non era un uomo dalla doppia personalità… era un uomo a strati; strati che si erano depositati l’uno sull’altro: l’infanzia, nel quartiere degli esuli istriani, il manicomio, il collegio dei preti, l’università, il successo negli stati Uniti, il ritorno a Torino”) in una retrospettiva serrata e allucinante sugli anni di piombo e sulla triste realtà degli ospedali psichiatrici prima delle legge Basaglia.
Giudizio finale: avvincente, incalzante, revisionista.
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