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Una storia d'amore e di impegno politico
Mi è piaciuto molto il romanzo La mentalità dell’alveare di Vincenzo Latronico, perché è moderno e scorrevole pur essendo ricco di molti spunti di riflessione a tutti i livelli – personale, politico e sociale.
Il libro racconta la storia di una giovane coppia che aderisce entusiasticamente a un movimento politico, nato su internet, con l’obiettivo di denunciare le nefandezze dei partiti dominanti. Il gruppo gradualmente si organizza e s’impone sulla scena nazionale raccogliendo il favore degli individui insoddisfatti dell’attuale governo che sono ormai la maggioranza. La ragazza partecipa attivamente dimostrando di avere la grinta e la capacità necessarie a rappresentare il partito mentre il marito milita in seconda linea. La vita politica e quella matrimoniale s’intersecano e si declinano in un mosaico in cui tutti i tasselli - sentimenti, obiettivi e battaglie personali e pubbliche - s’incastrano faticosamente.
L’autore dà la possibilità di vedere le cose dall’interno del partito, e non solo da spettatore e utente finale come siamo abituati; così cozziamo con tutte le difficoltà che accompagnano le iniziative, ci confrontiamo con le strategie dei militanti che devono prontamente dirottare gli attacchi verbali della stampa e degli stessi membri del gruppo per dirigerli nella direzione loro favorevole. Sentiamo la tensione, la paura, l'emozione dei protagonisti. Conosciamo le loro crisi e i dubbi, la tristezza della sconfitta e il trionfo della vittoria.
Riporto alcuni brani tratti dal testo; i primi due riguardano l'annoso problema dei privilegi dei politici:
“Oggi lo incontro in sala consiliare e mi fa: ‘Mica siamo tutti ragazzini come voi, Barbarelli. Io con quattromila euro una famiglia non la mantengo’. Boemo era un consigliere di un partitello di destra che non aveva mai appoggiato una mozione della rete. ‘Povero,’ disse Alice senza neanche alzare gli occhi dal libro. ‘Solo quattromila – per scaldarsi quest’inverno dovrà bruciare la sua collezione di pittura astratta’. Filippo riprese l’aneddoto. ‘Io gli ho dato una pacca sulla spalla. Quattromila? Gli ho detto. ? Fatti un giro sull’Alveare, collega. Noi consiglieri saremo a stento a due e cinque’. Dovevate vedere la sua faccia!” (pag. 90)
“Comunque,” riprese Leonardo, ’da un certo punto di vista lo capisco. Supponi che abbia fatto un mutuo. O che abbia chiesto un prestito, magari a cinque o dieci anni - contava sullo stipendio, no? E ora come fa?’ Camilla esplicitò l’irritazione che aveva cercato di trasmettere a gesti, e che non era stata colta.
‘Senti, Leo, ma ti pare che ti matti a difendere un fascistello solo per…’ ‘Solo per cosa?’ chiese lui voltandosi. Il suo bicchiere era vuoto.
‘Ma no,‘ s’intromise più cardinalizio Filippo, ancora sul divano. ‘E’ un’obiezione sensata. Ma vedila da un altro punto di vista, Leo’ e per la prima volta usò il suo diminutivo a voce alta. ‘Che cosa gli dava il diritto di contare su quello stipendio – alto, te lo posso assicurare: se io e Camilla non ce lo decurtassimo,. Sarebbero più di ottomila al mese. Tu dici che ci contava – e ti sembra giusto? che contasse su sei volte quello che prende un insegnante di scuola?” (pag. 92)
“Dopo alcuni minuti di meditazione e tre lunghi risciacqui con l’acqua fredda, Camilla uscì dal bagno con tutta la flemma che quindici anni di militanza politica e di gestione delle emergenze le avevano insegnato. Si ricordò di quando, durante una manifestazione, era andata in bagno in un bar (dopo una lunga fila alla porta) e all’uscita aveva trovato tutti i suoi amici caricati su una camionetta della polizia, e una traccia di sangue sull’asfalto; presa dall’agitazione, aveva pensato di telefonare non a un avvocato o a un ospedale ma a suo papà. Poi, calmandosi, aveva affrontato la situazione” (pag. 163).