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Educazione siberiana
 
Educazione siberiana 2009-05-25 23:14:52 Arcangela Cammalleri
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
3.0
Arcangela Cammalleri Opinione inserita da Arcangela Cammalleri    26 Mag, 2009
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Educazione siberiana di Nicolai Lilin

Nicolai Lilin, giovane di 29 anni, racconta la sua vita straordinaria, diversa per codici e stili da noi occidentali. La Transnistria, regione dell’ex URSS, ad est della Moldavia, autoproclamatasi indipendente nel 1990, ma non riconosciuta dal alcun Paese- al contrario di altre entità fuori ONU- ( l’unico Stato socialista a porre la falce e il martello nella bandiera nazionale), è il teatro di questa storia sconcertante e, per certi versi affascinante. Nicolai, Kolima vive a Bender, capitale della Transnistria, nel quartiere Fiume Basso, secondo la tradizione siberiana, dove il codice d’onore è regolato da un’educazione criminale. L’educazione siberiana, è, secondo il nostro punto di vista, un ossimoro: criminali onesti. “I criminali dignitosi si presentano, si salutano e si augurano ogni bene anche prima di ammazzarsi”. La criminalità retta da una giustizia violenta, s’innesta con i valori quali, l’amicizia, la solidarietà, la violenza, come un seme necessario e naturale. Nicolai trascorre l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza imparando tutto un cerimoniale fatto di parole non dette o dette in un certo modo, il gergo criminale, le gerarchie con i propri ruoli, l’uso delle armi, il coltello prima, la pistola dopo come se si maneggiassero innocenti giochi di guerra, l’odio per gli sbirri, la cui uccisione è men che meno la morte in un conflitto a fuoco dentro un video – game. I figli dei criminali adulti frequentano la scuola della strada che li abitua alla violenza come reazione primaria ad infrazioni di precise regole della comunità. I criminali anziani nel ruolo di nonni adottivi insegnano ai giovani l’uso delle armi, della violenza, come necessità-virtù, sottesi all’amore per i disabili, al rispetto per gli anziani, alla cultura del tatuaggio, della pelle che racconta il destino dell’individuo. E’ un mondo chiuso la cui trasmissione dei valori assume una sacralità antica le cui leggi affondano nella notte dei tempi: “ Homo homini lupus”. Questo giovane, dall’esperienza di un anziano, è una commistione di antichi codici d’onore che cozzano con la civiltà odierna, perché una vita violenta avvicina alle bestie, ma anche una vita pacifica, in cui i valori sono solo materiali, è una vita disonesta. La vera realtà della vita si presenta amara per Nicolai, ai diciotto anni prende coscienza di crearsi un futuro diverso, fuori dalla comunità criminale, il consumismo post-sovietico è impressionante per uno educato alla sobrietà dei costumi siberiani e si sente stanco, disorientato nella prospettiva di realizzarsi in qualche modo onesto ed utile. In uno stile semplice ed immediato, come quasi cronistoria, Lilin ci addentra in queste realtà sconosciute che solo da poco stanno perdendo la loro identità e si avviano verso l’occidentalizzazione forzata. E’ una lettura inconsueta, interessante, e al di là del tam tam mediatico, dà, se ce n’era la necessità, un’ennesima testimonianza dell’infinità gamma dei comportamenti umani e di quanto l’abisso del male sia estremamente profondo e senza fondo.

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