Dettagli Recensione
Un imbucato alla festa del Regno...
Ho volutamente iniziato questo libro senza avere letto l'attacco della Marzano e tutto il gran parlare che se ne è fatto attorno.
Volevo essere libera da condizionamenti.
Ciononostante qualcosa si era comunque insidiato nella mia mente, avevo delle aspettative ed ero pronta ad impattare in determinate situazioni (ed eventuali emozioni).
Ed invece ho trovato altro.
Tutt'altro.
Questo, per me, non è un romanzo sul tema della pedofilia (che fa la sua comparsa dopo la prima metà), su una Chiesa allo sbando e sui risvolti morali che ne conseguono, o perlomeno non è solo questo.
Ho trovato una fotografia spietata ed impietosa della nostra società, della miseria umana, della nostra pochezza di fronte ad una realtà che non siamo assolutamente capaci di affrontare.
Attorno al nostro prete protagonista (che potremmo definire pedofilo non praticante), forse alter ego dello scrittore, forse proiezione dei suoi peggiori incubi, ruotano una serie di personaggi disperati e disperanti, portatori sani del peggio del peggio che il ventre del nostro tempo sia stato in grado di partorire.
Desolazione a profusione.
E poi una dissertazione piuttosto articolata e approfondita sulla fede, sul rapporto tra Dio e Satana, su religione e perversione, sul desiderio (quello distruttivo), su azione ed intenzione, su un Cristianesimo ad alta digeribilità.
Il personaggio di Don Leo fa da veicolo e dà voce ad una serie di dubbi etici e morali, si mette in discussione nella misura in cui non riesce a comprendere un Dio che lo condanna per i suoi pensieri, ma continua a cercarlo, concedendogli anche una sorta di serenità abusiva, che non merita.
Un sacerdote assolutamente imperfetto, che, paradossalmente, si macchia di "eccesso di morale".
Non è un libro facile, né tantomeno consolatorio.
È sicuramente un libro teologico, scritto da un ateo.
Non so neanche dire se mi sia piaciuto o meno...
Mi ha lasciata turbata, a tratti annoiata, un po' infastidita, spesso ammirata.
E forse già questo mio sentirmi combattuta fra sensazioni contrastanti è da considerarsi effetto collaterale di una lettura che ha smosso qualcosa.
E non è poco.
Eppure qualcosa non mi ha convinto, ma più che nei contenuti direi nella struttura: un continuo confondere le voci, dialoghi confusi e disordinati che si accavallano a dialoghi interiori, personaggi che spuntano dal nulla.
Ecco, la costruzione del romanzo non è stata affatto nelle mie corde, l'ho trovata slegata e disomogenea.
Ma la scrittura è alta e il finale, degno di Lucifero, mi ha lasciato letteralmente stordita, e mi ha in parte ripagata dei momenti no.
La vera colpa di Siti, forse, è stata quella di aver scritto un libro in cui è riuscito a vestire di dignità il mostro (mi viene in mente Humbert Humbert)...e di aver creato personaggi così osceni da mettere in ombra l'oscenità di chi avrebbe dovuto catalizzare tutto il nostro disprezzo.
Alla fine ti senti un po' tradita dalle tue stesse sensazioni, avverti qualcosa di scorretto...
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