Dettagli Recensione
Fabrizio Castellani
Fabrizio Castellani, giovane archeologo fiorentino, è affascinato dalla anomalia presente sulla statua etrusca “L’ombra della sera” tanto che decide di approfondire i suoi studi a Volterra presso il museo ove il fanciullo è custodito. Durante la sua analisi, però, dei tombaroli vengono rinvenuti privi di vita; i loro corpi, dilaniati da un essere sconosciuto vengono recuperati proprio nei pressi della tomba etrusca del Rovaio, sepolcro che verrà aperto e analizzato da Fabrizio stesso. Ed è all’interno di questo che lo studioso rinviene un Phersu testimonianza di un antico rito, che darà adito ad una serie di circostanze enigmatiche ed inspiegabili che vedranno quali protagoniste altre aberranti morti. Un’iscrizione, ancora, porta Fabrizio a conoscenza di un’antica maledizione, un sortilegio lanciato per un antico ed orrendo crimine che sembra sempre più legato a quella belva che continua a mietere vittime su vittime.
«Quando un uomo si macchiava di un crimine così spaventoso da superare ogni immaginazione e da infrangere ogni limite imposto dalla legge e dalla natura, quando commetteva una tale mostruosità da far impallidire il delitto più efferato, la comunità era colta dal panico, temendo che l’ira e la punizione degli dei si abbattessero su tutti non bastando la vita di un solo uomo a espiare una simile colpa. L’esecuzione del colpevole tra i più atroci tormenti sarebbe potuta essere la naturale conseguenza dell’evento ma poteva accadere che l’accusato si proclamasse innocente e che non vi fossero prove definitive per dimostrarne la colpevolezza. Veniva sottoposto a una sorta di ordalia: con il capo racchiuso in un sacco, una mano legata dietro la schiena e una spada nell’altra doveva combattere contro un animale feroce, un lupo o addirittura un leone. Se riusciva a sopravvivere era riconosciuto innocente e reintegrato nel suo rango e nei suoi diritti; se soccombeva, la belva che lo aveva ucciso veniva sepolta viva con il suo corpo affinché continuasse a straziarlo per l’eternità.»
Al tutto si sommano perentorie telefonate che il ricercatore comincia a ricevere, sin dal suo arrivo, alle ore più disparate della notte, chiamate all’interno delle quali viene intimato di lasciar perdere il fanciullo.
Delle indagini viene altresì investito il tenente Ricciardi (personaggio già conosciuto nel piacevole “Le inchieste del colonnello Ricciardi, Einaudi, classe 2015), funzionario di legge affiancato dal fedele braccio destro il brigadiere Spagnuolo. Non solo. La stessa statua del fanciullo potrebbe rivelarsi essere un tassello fondamentale necessario a far luce sulle vicende.
Che dire, gli elementi per riuscire ci sarebbero tutti, eppure, qualcosa in questo romanzo non funziona. Lo stile incalzante che conquista nelle prime pagine pian piano rallenta lasciando il posto ad un senso di perplessità crescente. A questo si susseguono errori di molteplice genere disseminati tra una pagina e l’altra e addirittura in certi casi le parti del romanzo sembrano essere prese, tagliate, incollate qua e la senza un vero e proprio filo logico. La caratterizzazione dei personaggi è minima tanto che si fatica ad inquadrarli, a sentirli parte di sé. Il lettore che quindi nella prima sezione dello scritto era accompagnato e condotto da uno stile piacevole e da protagonisti curiosi e tutti da scoprire, finisce con lo sdubbiarsi tanto che conclude il volume esclusivamente per la curiosità di sapere cosa e/o chi si cela dietro la figura della belva.
Chissà, forse nutrivo troppe aspettative visti i presupposti e la firma dell’opera, di fatto non mi ha pienamente convinta.
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Commenti
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Come te, ottima la preparazione storica, anaempatica la scrittura.
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