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Corale Americana
Il collettivo bolognese Wu Ming, con il suo bagaglio d’animo indomito e di passione per la Storia, sbarca sulle terre del Nuovo Mondo, per la precisione in Nord America, attorno alla seconda metà del Settecento, ma non indugia sulle coste, si spinge oltre il confine delle Thirteen Colonies, verso l’interno, per respirarne le essenze, udirne gli echi; prossima promessa dell’Ovest per i coloni europei ancora sudditi della Corona d’Inghilterra, terre dei padri, di radici e di leggende per i nativi Indiani.
In questo limbo di terra, culla dell’incontro fra molteplici culture, i personaggi sono piccoli interpreti, sovrastati dalla maestosità degli scenari e dalla grandezza degli avvenimenti gagliardamente evocati dagli autori. Così, più che un’avvincente dipanarsi di trama, Manituana rappresenta un’immersione d’incredibile impatto nel Passato, dove le penne dei Wu Ming dimostrano ancora una volta la superba capacità di forgiare visioni dall’armonica comunione di mille prospettive.
La coralità di questo romanzo storico, infatti non si risolve nel semplice sfoggio di variazioni di registro linguistico (che ad ogni modo arricchiscono in maniera decisiva l’opera) ma piuttosto, si magnifica nell’ampio spettro di filtri attraverso cui viene osservato lo svolgersi dei fatti. Ognuno di questi filtri è cesellato volta per volta su misura perfettamente calzante al carattere che coglie le redini della narrazione in quel determinato istante.
A ben vedere, pertanto, non si può parlare di figure abbozzate quando si fa riferimento agli attori disegnati da Wu Ming, ma altrettanto si riconoscerà che essi ben di rado esibiscono tratti fisici o caratteriali a tinte forti che ne concedano una facile rappresentazione nella mente; questo è un lavoro che il collettivo bolognese lascia all’immaginario del lettore.
Molti i nomi, le genti e i riferimenti, a tratti possono rendere faticoso lo scorrere di un filo logico, se si è completamente digiuni dai fatti principali riguardanti le origini degli Stati Uniti, soprattutto perché la Guerra d’Indipendenza tra ribelli e lealisti è ben più che una mera cornice in questo romanzo.
Come per incanto, nel bel mezzo di foreste e grandi laghi, sorge improvvisamente l’appariscente Londra in piena epoca Georgiana (pre-Vittoriana), “cuore pulsante” dell’Impero Britannico secondo certi punti di vista, “orifizio deiettante” del medesimo secondo altri.
Dentro questo cammeo metropolitano ricavato nella roccia delle montuose pagine dell’avventura nell’America Coloniale, si scopre un altro elemento abbastanza familiare per i lettori del collettivo: una vibrante discesa negli inferi, fra i reietti della società londinese dell’epoca, culminante fra le mura di un manicomio (località ricorrente metà di visita dentro le opere di Wu Ming), nella fattispecie l’ospedale psichiatrico Bethlem Royal Hospital, soprannominato “bedlam” per il gioco di parole con rimando al termine inglese traducibile in putiferio, tumulto, confusione.
Ma non è soltanto dentro ai sobborghi della capitale che gli autori esprimono la loro predisposizione all’antropologia e alla sociologia, Manituana è infatti storia di popoli, di concezioni distinte sull’esistenza, che si mescolano e dove non trovano connubio vengono a cozzare.
Manituana è un libro che parla di guerra, della sua preparazione, dei suoi primi focolai, del suo divampare e del suo consumarsi in polvere.
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non posso darti torto.
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