Dettagli Recensione
Sentì che il peggio era passato
Matteo Zevi. Per riassumere la sua storia, che non è comica, bensì drammatica, il titolo di un film: quattro matrimoni e un funerale.
Ne ha combinate di cotte e di crude, è fuggito in America e ora ritorna (“Sentì che il peggio era passato e il meglio non aveva più motivo di farsi attendere”). Dopo tanti anni sperimenta le emozioni (“Quante volte nella vita i desideri coincidono con le possibilità?”) di re-incontrare – ciascuno con atteggiamento diverso nei suoi confronti - una delle ex mogli, Federica, l’amico Tati, il figlio Giorgio, che ha conosciuto il successo con il suo locale trendy Orient Express, e la figlia Martina, impegnata in un elaborato ménage coniugale anche a causa della cognata Benedetta.
Pipermo ama ambientare i suoi romanzi nelle feste della borghesia (ma esiste ancora? Ha ancora un senso questo termine?) romana (“Un ambiente che un tempo si sarebbe chiamato buona società, ma che ora non aveva più nome, né prestigio, né distinzione, solo stock option, avvisi di garanzia, qualche brutto presentimento di casta”) d’origine ebraica, mettendone a nudo vulnerabilità (“Martina aveva imparato che l’alcol è il giusto compromesso tra necessità fisiologica e rimedio filosofico”) e difetti (“Quello che Lorenzo non capiva era che i pettegolezzi non avevano niente di ozioso e di riprovevole… su questo prosperavano la maggior parte delle unioni felici”).
Tra i vari personaggi la più amabile è forse Federica (“Signora, il suo problema è che odia i conflitti”): altruista, pacificatrice (“Signora, negando agli altri il diritto di avercela con lei, li fa arrabbiare ancora di più”), forse per questo condannata.
Il romanzo scorre tra atmosfere ricorrenti (“Meglio amare l’uomo sbagliato per tutta la vita che non amare nessuno") e sfocia nella festa di Natale all’Orient Express…
Giudizio finale: post-diasporico, post-indifferenti, post-saga dei Pontecorvo.
Bruno Elpis