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Il nuovo, maturo e bellissimo libro della Avallone
Volendo semplificare al massimo, si potrebbe dire che il nuovo romanzo della Avallone parla di genitori e figli; ma sarebbe riduttivo, perchè in realtà c'è tantissimo altro: è una storia che racconta la maternità, l'adolescenza, la periferia, i vuoti che ciascuno di noi si porta dentro. Racconta tantissime cose, ma senza mai sbavature.
Alle primissime pagine ho avuto la sensazione che l'autrice volesse riproporre lo stesso tipo di personaggi e di situazioni di "Acciaio": giovani adolescenti che abitano le periferie, il degrado, l'emarginazione; insomma, la Avallone che ripropone la Avallone. Invece sono passati sette anni e si sentono tutti: "Da dove la vita è perfetta" è un romanzo molto più complesso e più maturo.
Innanzitutto, per la struttura, molto ben costruita: il libro comincia presentandoci i vari personaggi, nella situazione di partenza; poi un lungo flashback che racconta le storie dei vari protagonisti e di come si intrecciano fra di loro, per poi ritornare, nelle ultime pagine, alla situazione di partenza, con un finale che si rivela diverso da quello che ti si prospettava all'inizio del romanzo.
Attraverso questi personaggi, la Avallone è riuscita a raccontare tante cose. Prima di tutto, sicuramente, la maternità (e mi chiedo infatti se questo romanzo non sia stato scritto dopo che la stessa autrice abbia vissuto nella sua vita reale questa esperienza); viene raccontata, in modo diametralmente opposto, attraverso le due principali protagoniste femminili, Adele e Dora. La prima, 17 anni, fidanzata con un mezzo delinquente di periferia, con una famiglia sfasciata alle spalle, rimasta incinta per sbaglio. La seconda, trentenne, colta, istruita, ma che si porta dietro tutto il peso della sua infertilità, anni e anni di tentativi di avere un figlio andati a vuoto, un bisogno che diventa un'ossessione. E alla fine, le loro storie così diverse andranno quasi a coincidere, perchè entrambe, nella possibilità di avere un figlio e di dare inizio a una nuova vita, a una nuova storia, rinasceranno loro stesse. Attorno ad Adele e Dora ruotano i personaggi maschili, i padri reali e mancati, i padri che scelgono di essere padri. Manuel, il fidanzato di Adele, piccolo delinquente di periferia ma personaggio dalle tante sfumature, a tratti spregevole, ma tutt'altro che scontato. Poi Zeno (il mio personaggio preferito in assoluto), apparentemente lo stereotipo dell'adolescente sfigato, intellettuale, secchione, è probabilmente il personaggio piuù puro di tutti, l'unico a cui la Avallone non attribuisce una qualche meschinità come a tutti gli altri. E poi c'è Fabio, il marito di Dora, più fragile e più sensibile di quel che può sembrare in superficialità. Tutti, in realtà, si portano dietro una storia da scontare, dalla quale non riescono a liberarsi: Manuel ha il suo passato da piccolo spacciatore, che culmina in un gesto terrificante che poi lo porterà a costituirsi e a finire in galera; Zeno da anni accudisce la madre, precipitata in una grave forma di depressione per una storia che si svela solo verso la fine del libro; Fabio non riesce a lasciarsi alle spalle i suoi complessi di adolescente grasso, figlio di un benzinaio, bullizzato dai compagni di classe. Ma per tutti loro, alla fine in modi diversi, arriverà un riscatto, che non vorrà dire lasciarsi alle spalle le loro esistenze, ma accettarle provando, ciascuno, a riempire il vuoto che si porta dentro.
Ci sono poi gli altri personaggi collaterali: Rosaria, Adriano, Serena, Emma, Marilisa, ciascuno piccolo eppure fondamentale nella storia.
E poi ci sono i Lombriconi. Ancora una volta, quindi, la Avallone torna a raccontare la periferia, e lo fa nello stesso modo minuzioso, reale, in cui lo ha fatto in "Acciaio"; perchè attraverso le sue descrizioni ti sembra di vederli, quei palazzoni, le strade grigie, i ragazzini in motorino, le fermate degli autobus, ti sembra di entrare, attraverso le finestre aperte, nelle vite di quelle famiglie col loro sbattere di porte, rumore di piatti all'ora di pranzo, fumo di sigarette fumate affacciati al balcone. E ancora una volta delle periferie la Avallone racconta quel misto di disperazione, voglia di fuga, degrado, ignoranza, ma anche di profonda umanità...
"Da dove la vita è perfetta" è un romanzo ambizioso ma lieve, che non fa mai sentire il peso di tutto quello che vuole raccontare. Con uno stile asciutto e scorrevole, ma anche a tratti incredibilmente intenso (e meno aspro, secondo me, rispetto ai romanzi precedenti), ci conduce nelle vite di Adele, Zeno, Dora e Fabio, personaggi nei quali inevitabilmente possiamo riconoscere pezzetti di noi stessi, e che alla fine non vorremo più lasciare. Di ciascuno di essi riusciamo a comprendere un po' di quei vuoti che si portano dentro. Per questo, inevitabilmente, il finale ci fa commuovere.
E ci fa sperare che ciascuno di noi arrivi prima o poi a trovare quel posto da cui la vita è perfetta.