Dettagli Recensione
L'immersione nella felicità in Alberto Schiavone.
Alberto Schiavone torna in libreria con un libro profondo e complesso, di grande attualità, dal titolo Ogni spazio felice. Che cosa è “lo spazio felice” per il nostro autore? Ogni spazio felice è “figlio o discende da separazione (Rilke)”, poiché “il presente è sempre vuoto, privo di pensieri come un giardino d’estate”. Certamente i due protagonisti di questa vicenda scendono negli inferi, negli abissi più bui della disperazione. Il libro narra la storia di Ada e Amedeo, una coppia come tante, “normale”, con due figli Alex e Sonia, lui un vigile urbano, lei professoressa, colta ed amante dei libri. Ma l’equilibrio, ad un certo punto si spezza, e diventa “alcol per lei, rimpianti per lui.”. La morte, tragica e anche “stupida” per uno scherzo atroce e beffardo, del loro figlio è un indefinito, affrontato senza urla, né strepiti, ma con una indifferenza che conduce ad uno stato parossistico tra i due. La loro esistenza è “cadenzata da queste onde di mani che si cercano e poi si lasciano. Da assenze e sorprese. Baratri in cui cadere”. E poi: “Sono spettatori storditi. Poi delusi. Arrabbiati. Quindi impotenti.” Paradossalmente sono uniti nello stesso modo nella sventura. Lei si abbruttisce nell’alcol, diventa una donna sciatta e suscita ribrezzo, con quelle vestaglie sfilacciate che fanno intravedere un corpo sfatto, privo di qualunque attrattiva, con il suo incedere scalza, tale per cui non “la pungono nemmeno più le zanzare”. Rifiuta in toto la realtà, e allora non resta che l’abbruttimento, in una eterna, mai raggiunta, assenza di dolore e di emozioni. Ma “la disperazione, come la felicità, ha bisogno di complici”. E allora ecco Amedeo, ometto, da lei chiamato con disprezzo “baffetto”. Anche lui si ubriaca, ma di storie. Se le inventa, le sviluppa, con uno svolgimento armonico, felice, tranquillo, rassicurante. Si crea un proprio mondo parallelo, che non è, ma è per lui solo, uno “spazio autonomo” lontano dagli abissi, che lo rende impermeabile e forte. “Amedeo ha smesso di avere vergogna. Anche delle sue fughe. Dei suoi rimpianti. Della malinconia che lo aggredisce quando si desta dalle sue brevi fantasie.” Ma “un grande amore non perdona” e allora due saranno gli eventi risorgenti: la scoperta dello stato interessante della figlia, e la conseguente fuga del suo fidanzato marocchino, e l’entrata in coma di Ada. Di qui l’insegnamento che non sono i rimpianti a condizionare la vita, non le sofferenze né i rimproveri ma la curiosità, il desiderio di scoperta di che cosa sia ancora la vita, di quale siano ancora le novità e le esperienze da fare. Allora non resta che affacciarsi oltre la soglia del dirupo, guardare e farsi trascinare con leggerezza, come una foglia la vento, verso un piccolo cambiamento di rotta, verso un’altra dimensione. E’ una storia, scritto con un linguaggio sempre lineare, a tratti malinconico, aspra, apatica e ricca di sensi di colpa, che si scioglie soltanto nell’acme del plot narrativo. All’interno di un contesto affascinante dato da una Milano “addormentata”, che dilata la sua settimana in una routine paralizzante, sempre uguale, tacita complice dei vizi e delle differenze, indifferente all’emarginazione e al diverso. E’ uno spaccato intimistico e sofferto della nostra società attuale, frutto della depressione e della solitudine dei nostri tempi.
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