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Stare nel momento al punto d'essere il momento
“Nel momento” Andrea De Carlo scatta la radiografia del fallimento di un rapporto: epilogo che sembrerebbe inevitabile se non si tenta una via di fuga. Come uscirne?
La presa d’atto
L’io narrante gestisce un maneggio con la compagna Anna. Un evento casuale – un incidente a cavallo – è l’occasione per elaborare la consapevolezza che il rapporto è fallito (“Ho provato a pensare a prima di Anna e a prima dei cavalli, e mi sono reso conto che non ero mai stato felice”) in modo forse irreparabile (“Non mi veniva in mente nessuna gioia non interrotta dal dovere, nessuna sorpresa non diluita dall’abitudine, nessuna allegria non velata dalla noia, nessuna fantasia non inchiodata a terra dal peso stolido della realtà”).
Da quel momento il protagonista si abbandona alla casualità degli eventi: come se il libero flusso degli incontri fosse l’unica possibilità per vincere la sclerosi relazionale (“Pensavo ai ruoli, e a come sono più forti delle persone: a come bloccano i punti di vista e stabilizzano i toni di voce, fabbricano ragioni e definiscono strategie permanenti di attacco e di difesa, fanno diventare sordi e insensibili”) ed evitare la condanna (“Ognuno dei due pensa talmente di sapere come è fatto l’altro da non lasciarlo libero di essere in nessun altro modo”).
Come uscirne?
“Secondo te è sempre dal dopo che si legge una storia tra due persone? Da come è diventata, a ritroso verso l’inizio?”
Ma forse una possibilità esiste. Consiste nel vivere il momento (“Non avevo pensato di poter stare dentro il momento al punto di essere il momento”). Cogliere l’attimo. Un carpe diem riveduto e corretto?
Giudizio finale: stralunato, anatomico, post-oraziano.
Bruno Elpis
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