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L’amante:un fazzoletto di terra a statuto speciale
"L’amante: un fazzoletto di terra a statuto speciale dove abbandonarti ai tuoi desideri più essenziali, provvisoriamente esentato dalle molteplici rotture di coglioni che ti ammorbano l’esistenza quotidiana. Tu, lei e niente più."
Finalmente!
Non ne potevo più di libri e storie di amanti dai risvolti tragici, adùlteri depressi, angosciati, sommersi dai sensi di colpa e travolti da un'ondata di pensieri negativi e disfattisti tali da indurre una crisi esistenziale nei malcapitati di turno, con ripercussioni più profonde nella metà femminile perchè è risaputo che gli uomini sono tendenzialmente menefreghisti e schivi verso tutto ciò che arreca stress mentale e psicologico.
Insomma, finalmente un libro che fa anche sorridere oltre che riflettere; che razza di amore sarebbe senza la carica rigenerante di un sorriso, senza il suo potere conciliatore che ha quasi del miracoloso in quei momenti in cui riesce a rilassare un clima di tensione che la guerra fredda a confronto è un bisticcio tra pargoli birbantelli.
"L’amore, invece, mi disse l’Erich Fromm dei puttanieri, esiste per fare felice la gente, mica per mandarla in giro con la faccia da cani mazziati".
E quando fa riflettere non opprime il lettore, non lo attanaglia con fare inquisitorio mettendolo con le spalle al muro e dinanzi agli occhi una visione peccaminosa, clandestina ed immorale dell'amore: tanto che se uno si lasciasse coinvolgere da questo tipo di letteratura e mettesse sui piatti di una bilancia vantaggi e svantaggi dell'adulterio, il peso propenderebbe nettamente verso quest'ultimi e verrebbe spontaneo chiedersi 'Ma son tutti folli questi amanti? Ne vale veramente la pena rovinarsi la vita in questo modo?'
Per fortuna ci pensa De Silva a riequilibrare i piatti della bilancia con i due personaggi di questo suo libro che sembrano presi da una città qualunque, da una vita qualunque e messi a nudo per noi: di inventato qui c'è ben poco, sfido chiunque a sentirisi completamente estraneo alla storia, senza ritrovare cioè un atteggiamento, un modo di pensare o una situazione vissuta che non abbia niente in comune con la storia di Modesto e Viviana.
Modesto e Viviana sono sposati da tempo, non tra loro però; hanno un figlio ciascuno e da tre anni ormai conducono una relazione parallela, extra-coniugale, che non può certo considerarsi più una semplice sbandata, un'infatuazione passeggera.
La loro passione è 'degenerata' in amore, all'attrazione fisica è sopraggiunta un'intesa più profonda resa ancora più forte e totalizzante a causa del progressivo collasso dei rispettivi matrimoni.
Adesso mettiamo da parte giudizi e pregiudizi di ogni genere. Non credo si possa stabilire a priori ed in modo assoluto cosa sia giusto o meno, le correnti di pensiero e di comportamento sono tante e le ragioni dell'una e dell'altra si controbilanciano: c'è chi ritiene la crisi coniugale un passaggio obbligato nel rapporto di coppia, un ostacolo inevitabile che dev'essere superato insieme e non raggirato, trovando un compromesso che spesso si traduce nella rinuncia e nella perdita di qualcosa, sacrificare una parte di se stessi, che sia un aspetto del proprio carattere o semplicemente ed egoisticamente un desiderio o ambizione personale, nel nome del bene comune.
C'è chi invece non è disposto al compromesso, chi considera codardia ed ipocrisia rattoppare un legame che fa acqua da tutte le parti, a maggior ragione se questo significa non essere più se stessi, limare la propria personalità per mantenere in vita un rapporto fondato non più sull'amore ma sulla convenienza o sulla serenità dei figli.
E poi ch'è chi, come Modesto e Viviana, barcolla nel mezzo: non sanno decidere, non sanno cosa sono.. o meglio sanno di essere amanti, ma è un appellativo che non sono più disposti ad accettare perchè implica uno stile di vita divenuto ormai insostenibile per loro, sotterfugi, segreti, incontri clandestini.. perchè continuare in questo modo se si amano e stanno bene insieme?
Oddio, diciamo la verità, in realtà è Viviana che ci pensa, Modesto non si fa poi così tanti problemi:
"Vivo nel rimpianto del tempo presente, nella nostalgia delle cose che potremmo condividere e che invece ci stiamo perdendo. Neanche quando stiamo insieme riesco ad essere felice. Ormai non è più la gioia di stringermi a lui la ragione per cui accetto di vederlo. Quello che chiedo ai nostri incontri è di lenire questo stato di angoscia anche solo per qualche ora, trovare un pò di distensione, di pace. Paradossalmente dimenticare. Ecco: lo vedo per dimenticarlo. Per non pensare più a quanto mi complichi la vita amarlo."
Viviana non tollera più questo stato di indeterminatezza, di precarietà nel suo rapporto con Modesto e soffre notando invece il cinismo e l'indifferenza del suo amante a cui tali pensieri scivolano addosso come fosse protetto da una membrana impermeabile.
In realtà Modesto è semplicemente più pratico: anche lui ama Viviana, profondamente, e capisce il suo stato d'animo, ma cosa può farci? Nè lui nè Viviana hanno il coraggio di affrontare i rispettivi coniugi, di prendere quella decisione drastica ed irreversibile che cambierebbe per sempre la loro vita; hanno paura, semplicemente paura, e allora cosa serve farsi ancora del male con questi pensieri, rovinarsi i pochi momenti di complicità che hanno a disposizione rimuginando e discutendo su una situazione che non ha altre via di uscita.
Tanto più che Viviana, come tutte le donne, sa scegliere bene il momento migliore per colpire:
"Di tutte le rotture di coglioni di cui ho fatto esperienza nella vita, la più letale in assoluto, ma proprio senza ombra di dubbio, è la chiavata-segue dibattito. Se me la proponesse in anticipo la più celebre modella di Intimissimi, dicendomi: "Senti, te la do, però poi parliamo", sarei capare di rispondere: "No, grazie" (va bene, sto esagerando, ma per capirci). L'idea che in un momento così mistico, quando stai facendo pace con l'esistenza e il tuo unico desiderio è di scivolare in quel sonno caratteritico che rigenera più di una cura termale, tu debba star lì a sentirti fare dei discorsi, dire a tua volta come la pensi (o addirittura, come in questo caso, ritrovarti sulla sedia degli imputati a rispondere di un reato che non hai commesso), la trovo una perversione non così diversa dal farsi tappeto di una psicopatica vestita come una domatrice da circo che ti marcia addosso con i tacchi a spillo riempiendoti di parolacce e mollandoti anche una frustatina ogni tanto, per ricordati chi è che comanda."
E dinanzi alla palese incapacità dei due amanti di trovare una soluzione all'impasse in cui ristagna il loro rapporto, è Viviana che non demorde e trova la chiave di svolta: la terapia di coppia.
Certo, perchè non sono forse anche loro una coppia? Si chiama forse terapia per marito e moglie? No, terapia di coppia, quindi perchè non potrebbe far bene anche a loro?
Vi lascio immaginare la reazione di Modesto dinanzi a questa proposta di Viviana, io non ho potuto fare a meno di sorridere immaginando la scena di lei mentre espone la sua idea a Modesto e lui che annaspa inutilmente cercando di opporsi ad una decisione 'comune' già presa in modo unilaterale; è come se cercasse di emergere dalle sabbie mobili quando ormai è dentro sino al collo.
"-Ci tieni a me? T'interessa come mi sento? L'hai capito che sto male? Non ti sembra il caso di occuparti della mia sofferenza e anche della tua, visto che stiamo insieme?
L'ultimo passaggio, non so se avete notato - quello in cui parlava di occuparsi della sua sofferenza e anche della mia -, era un capolavoro d'intimidazione. La mafia dovrebbe imparare dalle persone innamorate."
E' proprio vero: ci sono fasi dell'amore in cui la realtà diventa un punto di vista, generalmente quello di chi lo impone.
E se poi l'analista che prende in terapia i due amanti in crisi è anch'egli un amante in rotta di collisione, la situazione diventa veramente ingarbugliata.
Dopo Vincenzo Malinconico, avvocato e marito senza successo protagonista del romanzo 'Non avevo capito niente', De Silva ci delizia nuovamente con la sua verve e la sua esuberante ironia che trova fertile terreno nel personaggio di Modesto Fracasso, musicista dall'anima blues, ma questa volta accompagnato da un'ottima spalla femminile, Viviana, che certo non manca di sarcasmo ed affilata mordacità.
Una coppia veramente ben assortita, lontana anni luce da Irene e Nicola di 'Mancarsi', irritanti nella loro banalità: un duo irresistibile, a cui l'autore affida la narrazione alternandoli nell'esposizione del proprio punto di vista, esaltando così la distanza tra le differenti visioni della vita e del loro rapporto in particolare.
Punto di forza del romanzo sono i dialoghi, forse in virtù dell'esperienza maturata da De Silva come sceneggiatore: estremamente realistici, poco artefatti e mai noiosi, anzi a tratti spassosi nonostante le frequenti digressioni a cui Modesto spesso si abbandona, soprattutto di carattere musicale: menzione particolare per la parafrasi di Malafemmina ed Every breath you take.
E il finale? Credo sia quello più giusto per questo romanzo, è realistico, se fosse stato diverso sarebbe stato un finale da film: l'amore va vissuto giorno per giorno, non dev'essere analizzato, pianificato e non bisogna attribuire a tale sentimento una pretesa di eternità perchè nel momento in cui subentra il dubbio, la paura che possa finire se ne altera l'essenza, una miscela fatta di gioia, passione e complicità che va consumata subito, finchè dura.