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Il tramonto dell’infanzia e delle illusioni
A metà tra favola e romanzo di formazione, l'opera di Elsa Morante ripercorre le varie tappe della crescita del piccolo Arturo Gerace, orfano di madre e lasciato a se stesso da un padre assente e scostante. Le bellissime descrizioni dell'isola di Procida, la capacità di raccontare in maniera esplicita i sentimenti confusi e contrastanti del protagonista, lo stile di scrittura poetico e suggestivo fanno di questo libro un'opera piacevole e profonda che tocca temi caldi e delicati come la solitudine, la mancanza di affetti, la misoginia, l'omosessualità, l'amore. Protagonista assoluta del libro è però la disillusione, il disincanto che prende il sopravvento quando i sogni crollano a contatto con la dura realtà, quando la devozione si rivela tradita, quando la vita abbatte inesorabilmente priorità, aspettative, speranze. Arturo ha il nome di una stella, la più brillante della figura di Boote, un nome che fu portato anche da re valorosi e condottieri carismatici. Cresciuto a latte di capra e libri di avventura, il protagonista scorrazza per l'isola libero e solitario, avvalendosi soltanto della compagnia del suo cane e, di tanto in tanto, di quella di Wilhelm, suo padre, spesso assente per lunghi periodi e per motivi misteriosi, che finisce per diventare per lui un personaggio dedito a chissà quali lunghi viaggi e quali ardimentose e impavide gesta. Arturo non ha regole se non una sorta di codice morale redatto da lui stesso, non ha vestiti se non il necessario per coprirsi, non ha cibo se non quanto gli serve per vivere. La sua esistenza scorre spensierata tra gite in barca, scorrazzate tra campi e scogliere, letture e mirabolanti fantasie sulla sua vita futura che lui vede ricca di viaggi, di avventure e imprese eroiche. Intanto cresce schivo, superbo, maschilista e misantropo, tenendo un'altezzosa distanza nei confronti degli altri abitanti dell'isola e considerando le donne come esseri brutti, stupidi e buoni a malapena per le faccende domestiche. L'entrata in scena di Nunziata, moglie di seconde nozze di Wilhelm Gerace e quindi matrigna, seppur quasi coetanea, del protagonista, segna per lui una netta linea di demarcazione tra l'infanzia e quello che per tutti è il periodo più delicato della vita: l'adolescenza. Da questo momento in poi la quotidianità del ragazzo viene stravolta, le sue certezze cominciano pian piano a sgretolarsi, le sue fantasie si scontrano con una realtà difficile. Perfino la figura del padre, da sempre visto come una sorta di dio in terra, viene rivalutata scadendo fino al rango di "Parodia". Invidia, gelosia, amore, disillusione, rabbia cominciano a mescolarsi nell'animo del giovane e ingenuo Arturo che, travolto da un maremoto di nuove emozioni, di esigenze finora sconosciute, di tentazioni fin qui insospettabili, non ha altra scelta che compiere un gesto forte e definitivo per uscire dall’impasse in cui si trova intrappolato: lasciare per sempre l'isola, emblema di un passato felice che non tornerà mai più e simbolo di speranze tradite da un presente difficile, per salpare verso altri mondi, verso la vita vera, verso la piena maturità. "Il piroscafo era già là, in attesa. E al guardarlo, io sentii tutta la stranezza della mia tramontata infanzia. Aver veduto tante volte quel battello attraccare e salpare, e mai essermi imbarcato per il viaggio! Come se quella, per me, non fosse stata una povera navicella di linea, una specie di tranvai; ma una larva scostante e inaccessibile, destinata a chi sa quali ghiacciai deserti!".
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Commenti
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Ciao, Manuela
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io ho trovato questo romanzo molto toccante e a distanza di tempo, le sue immagini mi sono rimaste ben impresse