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L’impero del surreale
Una serie di creazioni surreali figlie dei racconti di Marco Polo, che ogni sera appagano la curiosità, la cupidigia e le manie di grandezza dell’Imperatore dei Tartari Kublai Khan. L’uno voce narrante, l’altro orecchio attento ed ammaliato, ospiti di una sontuosa reggia orientale, scompaiono e ritornano ciclicamente, lasciando che siano le città invisibili a vestire il ruolo di protagoniste della scena.
All’interno di questa particolarissima cornice si susseguono le evocazioni di luoghi impossibili, leggendari, trasfigurazioni della follia e delle contraddizioni umane, popolati non di rado da apparizioni femminili che riecheggiano come metafora di promesse idilliache ma costantemente palesantesi effimere ed illusorie al concludersi di ciascun racconto. C’è davvero qualcosa di prodigioso nella capacità di questi miracolosi capoluoghi del sogno di sorgere in tutta la loro complessità davanti agli occhi del lettore.
Le vie dell’immaginazione si intrecciano con quelle della realtà e si resta stregati da una narrazione che si appella ad un linguaggio aulico, carica di poesia, misteri e rivelazioni.
Le poche pagine di questo romanzo, più unico che raro nel suo genere, si potrebbero leggere tutte d’un fiato, ma sono solo la lentezza e la concentrazione a permetterci di assaporare l’atmosfera dei luoghi onirici richiamati, di cogliere l’ambiziosa architettura dell’opera e di carpire le profezie più recondite.