Dettagli Recensione
Nora.
Nora Musa ha appena dieci anni quando la sua vita cambia radicalmente. Cresciuta in un piccolo villaggio minerario sardo, Monte Narba, a cavallo tra il 1800 e il 1900, la giovane ha un carattere irrequieto nonché la tipica tempra testarda e coraggiosa propria della sua famiglia oltre che una meravigliosa chioma bruna e magnetici e profondi occhi verdi, occhi indomabili, i suoi, come la foresta. Uscita prima in cerca della madre Luigia e di poi adirata con lei, la ragazzina, incurante del pericolo della tempesta che sta per sopraggiungere, si allontana da casa avventurandosi per i terreni e i colli limitrofi. E’ qui che il fulmine la colpisce, è qui che la sua esistenza si interrompe. E’ morta Nora, è morta. Di lei non resta altro che un corpicino freddo segnato da quel fiore di fulmine che dal collo alla caviglia l’ha marchiata. Eppure, pochi giorni dopo, Nora si risveglia riscoprendosi, oltretutto, bidemortos; ella è cioè capace di vedere i morti. I suoi fratelli e sua madre non la riconoscono più. Ha perso il calore, il sorriso, è divenuta cupa, taciturna. La cugina di Luigia farà, inoltre, di tutto pur di allontanarla da casa, plagerà infatti la già turbata madre facendo leva sulle superstizioni ed inducendola così a credere di fare il bene della discendente rinchiudendola in un istituto di orfanelle. Questa decisione sarà però fatale non solo le sorti di questa eclettica protagonista, ma anche per i consanguinei che ne pagheranno a caro prezzo le conseguenze.
Passano nove anni. Nora è divenuta una giovane donna dai bellissimi tratti e dai grandi occhi penetranti. Le sue sorti sembrano nuovamente essere state segnate poiché la madre superiora dell’istituto, che mai l’ha stimata e che mai ha apprezzato i suoi pregiatissimi lavori di ricamo, ha ritenuto ottimale, per domare questa sua indicibile tempra, un lavoro di operaia in una tabaccheria del paese con tanto di alloggio in una bettola nota per le scarse condizioni igenico-sanitarie nonché per la tubercolosi che nella medesima è facilissimo contrarre. Peccato però che la suora non abbia fatto i conti con Donna Trinez, la quale avendo notato la bidemortos ha deciso di prenderla con sé…
“Les jeus son faits”. Il destino ha fatto il suo corso, la serva deve adempiere alla missione che le è riservata. Non vi si può sottrarre.
Con questo romanzo Vanessa Ruggeri, ci ripropone un personaggio forte, acuto, solido, senza sbavature, intrigante. Ella infatti ci parla di figure femminili che, sia nelle vesti di serve che di padrone, vengono analizzate nel loro intimo, senza nulla celare al lettore che pagina dopo pagina è sempre più rapito dalle stesse nonché dalle vicende proposte. E seppur lo sviluppo delle medesime sia intuibile, così come il mistero che si cela dietro quell’inspiegabile e caro decesso, l’opera non delude, bensì coinvolge ed appassiona senza difficoltà. Merito questo, indubbiamente da attribuire anche allo stile narrativo adottato dall’autrice, la quale si avvale di un linguaggio pregiato, ricercato, prolisso, ma al contempo fluente e caldo.
“«Gli sciocchi hanno paura di ciò che non capiscono, ecco perché qualche bambina non ha piacere di giocare o parlare con te. Non comprendono che sei un miracolo vivente, un segno della misericordia di Dio.»
«Non sono un miracolo, solo un osso di pesca», la corresse Nora con un’espressione innocente sul viso.
Suor Nicoletta si intenerì. «Si, ma anche l’osso di pesca più duro è capace di germogliare e tu, mia piccola Nora, sono sicura che quando giungerà il tempo diventerai un meraviglioso albero e i tuoi fiori saranno bellissimi»” p. 69
«Già, proprio di foresta stiamo parlando. Il guaio però è che la foresta non la puoi comandare, e nemmeno capire» p. 84
«Non è vero che una donna può non avere potere e libertà», le disse un giorno con tutta la forza del suo spirito. «Il lavoro e l’istruzione rendono la donna libera, nonché una governatrice giusta e generosa della propria famiglia» p. 152
«Ho pensato che le piante di questo giardino potrebbero essere entrate in corrispondenza con certi dolori dell’anima che affliggono chi le ama e ogni giorno se ne prende cura. E’ probabile allora che come naturale conseguenza, i rami, le foglie e le rare infiorescenze mostrino i segni esteriori di quella sofferenza. Ecco perché non riuscite a trovare il male che le affligge: viene da dentro, da recessi che non si possono scrutare» p. 170
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Commenti
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Ancora ringraziamenti doppi, tripli e quadrupli :-)
Maria
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Questo è uno dei miei romanzi preferiti.
Fede