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Orfani bianchi
 
Orfani bianchi 2016-11-15 05:32:31 68
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Stile 
 
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Contenuto 
 
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68 Opinione inserita da 68    15 Novembre, 2016
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Vita, speranza, nessuna certezza....


Il lascito della lettura di " Orfani bianchi " è un romanzo della contemporaneità con tematiche vaste ed una trama dalla costruzione lineare, piuttosto scarna, che si serve di un linguaggio semplice e colloquiale.
Vi si narra la storia di Mirta, giovane moldava, costretta ad emigrare in Italia ( a Roma ) lasciando in patria l' amato figlio Ilie che non riesce a mantenere, per affrontare una quotidianità difficile, esasperante, anche ripugnante, con l' improvvisa mancanza di una occupazione e l' obbligo, per sopravvivere, di cercarsi un lavoro qualsiasi, spesso sottopagato, con orari impossibili ed ai limiti della sopportazione fisica.
Poi la svolta, un' assistenza privata ad Eleonora, novantenne colpita da ictus, immobilizzata su una carrozzina, afasica, ricca, figlia di un mondo altolocato e spocchioso che non vuole e non può occuparsi di lei. Finalmente un buono stipendio, la possibilità di una rinascita, anche se il futuro le riserverà una relazione difficile, un mondo lontano da se', l' altrui diffidenza, l' ineguaglianza socioeconomica ed una vita privata scossa ed imprevedibile.
La trama intessuta da Manzini attraversa un mondo che è sotto gli occhi di tutti. Temi sociali, migrazione, fame, miseria, impossibilità di mantenersi in patria, abbandono dei propri affetti, inospitalità, disuguaglianza, razzismo, temi umanitari, crudeltà , diffidenza, avarizia, insensibilità, solitudine, disprezzo, senso della famiglia, amore, amicizia, temi etici, il disagio della malattia, la dignità del vivere e del morire, oltre che filosofici, la coscienza di se', il contrasto ideale-reale, arte-vita.
Tracce sconfinate, facilmente riconducibili e riconoscibili nella nostra quotidianita', basterebbe una passeggiata in un qualsiasi nucleo urbano, percorrendo quartieri più o meno abbienti, sostando su una panchina, in un parco, addentrandosi in un bar del centro ed in un locale della periferia, incrociando volti affamati ed infreddoliti, imbattendosi in individui macerati in fila in attesa di un pasto caldo, zigzagando tra corpi indistinti riversi sui marciapiedi, incrociando braccia questuanti ai semafori e, per contro, rischiando di essere investiti dalle potenti macchine di guidatori distratti, scontrandosi con giovani microfonati e monologanti, avvolti in capi firmati, o donne impellicciate che discorrono al cellulare di borse e gioielli. Basterebbe solo osservare e riflettere, nulla di più.
Ritroveremmo inevitabilmente temi e realtà del romanzo, donne dalle vite dimenticate, uomini con storie altrettanto complesse, ed una elite privilegiata e snobistica, così intrisa di ricchezza esibita ed indifferenza manifesta.
Poi, potremmo visitare una casa di cura, ed incontrare altre Eleonora, sradicate dalla propria quotidianita', abbandonate dagli affetti piu' cari, costrette a vivere una esistenza che non sentono propria, in un corpo disfatto, con una mente corrosa dagli anni e mutilata dalla malattia, affidati alle cure ( spesso amorevoli ) di estranei che divengono la propria " famiglia ", ma questo ci introdurrebbe in un altro complesso mondo ed idea di mondo ( perché non sempre è così ed una realtà ogni volta diversa si cela oltre l' apparenza ).
Ecco, le vite di Mirta ed Eleonora sono unite da un comune senso di disperazione e di abbandono, da una migrazione coatta, chi dalla propria patria, chi dal proprio corpo straziato in un senso non senso, in una vita non vita.
Nel frattempo si è conclusa la nostra passeggiata urbana ed è come avere riletto la trama, respirato le stesse emozioni, che peraltro ci sono ogni giorno, quando si varca la porta di casa e ci si confonde nel mondo. Rimane un senso di indignazione, rabbia, sconforto, pena, dolore, rassegnazione, ed una certa autocritica, laddove si ritorna al proprio vissuto rischiando di dimenticare o di scansare cio' che, chiusa quella porta, forse non sentiamo appartenerci così in profondità.
Manzini affronta l' oggi attraverso la storia di Mirta, ma non credo ciò possa bastare.
I temi trattati necessitavano di un approccio diverso, più specifico ed interiorizzato, evitando uno sguardo sociale così ampio con inevitabile superficialità e banalizzazione, approfondendo i sentimenti ed i rapporti interpersonali, ( Mirta-Eleonora ) solo in parte trattati, distillando, nella narrazione, l' attualità, separando situazioni e contesti.
Allontaniamoci dai soliti cliché, non sempre ricchezza equivale ad egoismo ed indifferenza, povertà a sensibilità ed amorevolezza ne' l' essere anziani e malati è sinonimo di inutilità, abbandono, solitudine, desiderio di morte, occorrerebbero opportuni distinguo.
In sostanza meno temi indistinti e più indagine psico-sociale, analisi del particolare, scavando nelle situazioni e nei sentimenti che nascondono mondi all' apparenza insondabili.
Questo romanzo, infatti, è trasposizione personale del reale, ma ad esso comunque si ispira, al dì la' di facili tematiche strappalacrime ed ovvietà in cui facilmente riconoscersi e specchiarsi.
In altro modo si rischia di cadere nella banalità e superficialità emozionale, quel mal di pancia che, senza una attenta riflessione ed introiezione, inevitabilmente è destinato a passare.
Ma qui, ovviamente, sta al talento ed alla profondità dell ' autore intervenire, indicando al lettore sentieri letterari apparentemente ovattati e silenti, in realtà pulsanti e definenti carattere e unicità di una storia altrimenti impalpabile e generalista.

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16 Novembre, 2016
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