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L'arte come reificazione di uno stato psichico
Qualche volta non ci si sofferma molto a lungo ad esaminare la copertina di un’opera, che pure spesso è determinante nel farci decidere di acquistarla. Di rado riflettiamo sul fatto che quasi sempre è nella copertina la giusta chiave di lettura. E’ quanto accade per l’ultimo romanzo di Domenico Starnone, “Scherzetto”, edito da Einaudi. In sopracoperta, infatti, è riprodotto un olio su tela di Dario Maglionico , parte di una serie di dipinti dal titolo “Reificazione”, titolo, questo, che evoca un concetto filosofico che spesso ritorna in scritti sociologici e letterari. Qui si allude alla trasformazione del linguaggio pittorico nella società contemporanea, nella quale assistiamo a una frammentazione dell’io, a una reale difficoltà di restituire unitarietà all’individuo e al suo pensiero. Ecco perché Maglionico rappresenta soggetti fisicamente incompleti, o viceversa con sovrabbondanza di arti e lineamenti sfocati. Siamo di fronte alla rappresentazione di una drammatica perdita di identità, che si avvia verso una ancor più drammatica scomparsa della sfera psichica dell’uomo. Ed è un mondo altrettanto equivoco nella sua molteplicità di aspetti che Starnone rappresenta nel suo romanzo. Attraverso l’originalissimo espediente del rapporto nonno-nipote, del confronto vecchiaia-infanzia, egli ci propone un personaggio, fiaccato nel fisico, come nell’anima, che riesamina la sua intera esistenza, sollecitato da una sorta di competizione, a tratti stizzosa, con un nipotino saccente e dispettoso. Riemergono episodi di un’infanzia difficile, in un ambiente tendenzialmente malavitoso, ricordi sepolti in un angolo remoto della memoria. Il ritorno nella casa dell’infanzia, per accudire al nipotino, genera in lui un disagio fisico e psicologico, in quel periodo della vita in cui si è quasi certi di aver rimosso le insicurezze. E al contrario le insicurezze inconsce del presente emergono e si sovrappongono a quelle del passato. E’ così che l’anziano si riduce allo stesso livello del bambino, litiga con lui e approfitta della sua autorità per prevaricarlo. D’altra parte il rapporto col bambino gli permette di scoprire lati di sé fino ad allora sconosciuti, o quanto meno fargli acquisire coscienza dei suoi veri e profondi limiti. Lui, sicuro nella sua giovane età, della centralità del suo essere e della sua arte nel mondo, è costretto a rimettere tutto in discussione. Riemerge quel senso di precarietà che aveva conosciuto nell’infanzia e nell’adolescenza. I disegni che aveva ritenuto fossero stati alla base del suo successo come illustratore e come pittore, gli appaiono sotto una nuova luce, mediocri e spenti ed è così che comincia a disegnare figure sfumate, senza volto, con qualche arto in più , come appare chiaro nell’appendice al racconto. Con queste immagini Starnone ci riporta dunque al significato della pittura di Maglionico, compiendo in letteratura lo stesso percorso che il pittore ha sperimentato nell’arte figurativa. Due modi, entrambi efficaci, di rappresentare la fugacità della vita e la difficoltà per l’uomo moderno di conservare integra l’unitarietà del suo essere.
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Di Starnone forse, ma non ne sono sicuro, ho letto "Ex cattedra", un libro mi pare ridanciano sulla scuola. Argomento su cui, secondo me, non c'è nulla da ridere, bensì c'è da preoccuparsi molto, purtroppo.
Con questo mezzo pregiudizio, l'autore non esercita alcuna attrattiva su di me.
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