Dettagli Recensione
L'imprevedibilità della vita.
Nick Cruickshank non può fare a meno di chiederselo: perché la meraviglia è imperfetta? Tutto nasce per gioco, il pensiero si sviluppa infatti a seguito di quella improbabile ed inaspettata consegna di gelato da parte di un’altrettanto improbabile ed inaspettata gelataia di nome Milena, proprietaria appunto, dell’omonima gelateria “La Merveille imparfaite”. E cosa può rispondere l’italiana se non la pura e semplice verità? E cioè il fatto che la meraviglia non può essere perfetta “perché non dura”?
Ma andiamo con ordine. La Provenza è lo scenario dove le vicende si sviluppano. Milena, di sangue italiano, ha lasciato la sua terra natia per seguire Viviane, massaggiatrice posturale. Dopo un periodo di incertezza e di arrangiarsi ha aperto la sua attività ed ora vive per questa: non può non preparare le sue leccornie, non conta se la stagione turistica è o meno giunta al termine, ella deve sperimentare, provare, creare nuovi sapori. Non vuole dar vita ad una moltitudine di nuovi gusti, la sua filosofia è “pochi ma buoni” perché il piacere deve arrivare ad ogni boccone, ad ogni assaggio. I suoi dolci devono avere la giusta cremosità e devono essere intrisi della sperimentazione, non devono e non possono limitarsi alla mera ricetta, al seguire meticolosamente uno schema. Se così fosse sarebbero impersonali, non avrebbero quella caratteristica che li diversifica. Sarebbero uguali, piatti, grigi, vuoti.
Nick, leader e frontman dei Bebonkers, è al suo terzo matrimonio. E’ un uomo giunto all’età dei perché. E’ un artista, ha voglia di mettersi in gioco, ha desiderio di verità, di confronto. Elementi questi che, per un verso o per un altro, gli sono privati. La sua quotidianità si basa sullo sfarzo, sulle apparenze, sulla stereotipizzazione: la sua stessa musica non è più libera di essere se stessa. I fan si aspettano quello stile, quelle arrabbiature, quelle urla delle origini e non ammettono cambiamenti. E’ insoddisfatto, paranoico, alla ricerca di sé ed ha costante bisogno di attenzioni.
Entrambe i personaggi sono ad un bivio: mentre Nick vive in questo costante status di inquietudine, Milena è alle prese con un rapporto in crisi, un rapporto che non sa se è giunto al capolinea o se al contrario è ancora capace di “darle emozioni”. Il fatto è che la sua compagna le ha chiesto un figlio. Ma non è una scelta libera nel senso che la protagonista è spinta in una morsa di ricatti interiori propri e dalla compagna che la confondono, le fanno perdere la rotta. Tutto questo programmare, il continuo rimarcare che Milena deve un figlio a Viviene perché quest’ultima contribuisce in modo maggiore alle economie della famiglia, perché erano i piani, questo continuo contestare la gelateria della donna, non sono altro che tasselli che si sommano alle già altre perplessità dalla medesima provate. Si chiede, infatti e a più riprese, perché il loro amore, che alle origini era spontaneo, senza pretese, libero, non oppressivo, adesso si ritrovi ad essere costrittivo e vincolante, più che delle precedenti relazioni eterosessuali avute. Non aveva deciso di chiudere con gli uomini proprio per non dover essere sempre soggetta a richieste di prole e quant’altro avesse a che fare con questo universo? Ma allora perché adesso si ritrova in una situazione addirittura più stressante di quella in cui originariamente era?
Con una narrazione caratterizzata da un alternarsi di voci, “L’imperfetta meraviglia” è un romanzo che suddiviso nell’arco di poche giornate racconta dell’imperfezione. Perché è innegabile che ognuno di noi abbia compiuto e compierà errori, eppure, talvolta un incontro causale può cambiare le carte in tavola, sconvolgere esistenze parallele. Ed è nel non essere perfetti, nella nostra impossibilità di scegliere quando di fatto la vita decide per noi, che si nasconde l’essenza di un romanzo che ci sussurra alle orecchie “la vita è breve per sprecarla a realizzare sogni altrui”.
Quella presentata è una storia che apparentemente si mostra munita di una trama – passatemi il termine – quasi banale, una storia che sembra avere poco da dire ma che in realtà ha al suo interno una grande consapevolezza. Non è un romanzo semplice da leggere, in più occasioni infatti, nello scorrere delle pagine, viene da chiedersi dove l’autore voglia andare a parare, si percepisce l’essenza di un messaggio che vuol essere trasmesso ma che resta celato tra le parole per buona parte dell’elaborato per, infine, fuoriuscire con tutta la sua forza.
Non solo, De Carlo si perde nella narrazione, spesso asserisce una quantità enorme di dettagli che rischiano di far smarrire le fila, la linea che conduce chi legge sino alla conclusione. Questo fa si che lo scritto risulti essere a tratti lento, farraginoso. Eppure, il conoscitore delle vicende non riesce a staccarsi: si interroga sul quale sia il senso dell’opera, si immedesima tanto in Nick quanto in Milena sino ad emozionarsi nell’epilogo.
In conclusione, “L’imperfetta meraviglia” è un testo che per tutte le sue componenti fa riflettere, fa meditare, sdubbia, emoziona, interroga.
«Sono domande inutili: l’ispirazione arriva o non arriva, l’evoluzione personale segue percorsi non prevedibili, e l’integrità artistica è quasi sempre un atteggiamento, quando non un alibi per falliti. Il meglio che puoi fare è coltivare un’etica da artigiano, essere onesto con te stesso e creare forme in cui possa filtrare della luce, con miracolosa infrequenza; l’alternativa è lasciar perdere tutto, sparire. Se non ci riesci, o non vuoi, per lo meno non stare a lamentarti, risparmiati le lagne e le autocommiserazioni, grazie tante.» p. 104.
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