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Dove vanno a finire le anatre quando il lago gela
Gian Paolo Serino: chi meglio di lui, che affonda le sue radici nella critica letteraria, poteva progettare un’opera che ritrae volti e corpi a raffigurare il disagio e l’infelicità degli interpreti del sogno americano e dello star system?
In “Quando cadono le stelle”, otto icone proclamano la propria identità prima e poi s’incontrano tutte insieme nel finale, in un’installazione di Maurizio Cattelan, a sfidare per sortilegio artistico le leggi dello spazio e del tempo.
Non voglio svelare quali siano i personaggi che rivivono nelle parole e nel creazionismo di Serino, preferisco fornire qualche indizio di alcuni personaggi ai quali viene assegnata la rappresentazione del “male di vivere”. Sarà facile riconoscerli…
Sotto l’eleganza e la bellezza di un attore, si nasconde un bambino che non ha saputo reagire alla sofferenza familiare (“Io sono Archibald Leach… Avevo nove anni quando è morta mia madre. Papà aveva detto che era partita per curarsi e che poi il cancro l’aveva uccisa”) se non con la violenza e l’alcol.
Un aspirante scrittore s’innamora della figlia di un premio Nobel per la letteratura (“Secondo te dove vanno a finire le anatre quando il lago gela, d’inverno?”): quando “il giovane…” si arruola e parte per l’Europa, lei non risponde più alle lettere, lui scoprirà che l’amata, forse affetta dal complesso di Elettra, è divenuta la moglie di Charlie Chaplin.
Il signor K. è un burocrate (“Impiegato all’Istituto di assicurazioni anti infortuni sul lavoro”), parla con l’insetto Gregor, frequenta le ragazze di madame Nediakina (“che scimmiottavano il Burlesque”) e nel postribolo si lascia conquistare da Hansi, vittima della violenza del padre. Ci sono tutte le premesse per fondere vita e letteratura…
Un altro grande scrittore (“Chiamatemi Ernestina”) cerca di esprimere in tutti i modi vitalità e virilità, ma alla fine soccombe schiacciato sotto il peso del passato (il padre suicida) e divorato dalla nevrosi (“Per tutta la vita ho cercato di uccidere Ernestina”).
Giudizio finale: ritrattistico, interpretativo, sincretistico.
Bruno Elpis