Dettagli Recensione
La donna empia, la mavara
Carmela Scotti esordisce con “L’imperfatta”, libro finalista al premio Calvino. Un esordio davvero molto forte in cui l’autrice mette molto di se e del suo trascorso (leggendo la conversazione finale con l’autrice il romanzo diventa ancora più reale e tangibile, più profondo).
Sullo sfondo di una Sicilia ottocentesca si sviluppa la storia di Catena, ragazzina che scopre troppo presto quello che la vita le ha destinato “Io sono nata da una radice di dolore, la felicità non so com’è fatta, se ha faccia, mani o bocca per parlare”. Cresciuta con l’unico amore del padre che troppo presto l’ha dovuta abbandonare, sono pochi i conforti che le rimangono.
La Scotti ci presenta la società agreste, in cui le donne hanno poca voce in capitolo, in cui il male non si deve andare a trovarlo fuori ma è tra le mura di casa, quelle mura che dovrebbero accudirti e che invece diventano un incubo.
Dall’altro, un altro capitolo buio della nostra società, il carcere, in cui una giovane Catena si trova a dover trascorrere i suoi giorni per scontare i suoi peccati.
Fra superstizione, magia e mali, si sviluppa questa storia di dolore e sofferenza. Lo stile della scrittrice mi ricorda molto quello di Vanessa Roggeri e nelle sue parole ho trovato molta poeticità, forse in alcuni casi anche troppa.
Il romanzo si sviluppa con un altalenarsi di passato e presente, di vita di boschi e di prigione, di voglia di morire e di voglia di andare avanti. Una storia profonda che tocca il cuore, in alcune parti fa veramente male ma trovando la forza di arrivare alla fine comprendi che come dice la copertina “Nessuno può rubare la libertà a chi la custodisce dentro di sé”.
Un esordio davvero molto buono che al momento la collocata fra quelle”nuove” scrittrici che ho intenzione di seguire ancora.
“Gli raccontai la storia di quella notte lontana, e a lui, solo a lui, parlai di mio padre, dei libri letti con Antonia e Teresa davanti al fuoco del camino. Trasformavo in parole il male che avevo dentro e, raccontandolo, mi sembrava che diventasse più sopportabile… Il bambino non disse nulla, ma dal suo respiro calmo capii che non mi condannava”.
Buona lettura!