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Donne non più vittime ma combattenti
“A volte le avventure che ti cambiano per sempre assomigliano a quelle che affronti quasi per caso.”
Durante la visione del catalogo della casa editrice “ChiareLettere”, il primo libro che ha colpito la mia attenzione è stato “Ms Kalashnikov”, sia per il titolo particolare sia per questa copertina a sfondo nero, raffigurante questa donna pronta alla guerriglia. Inizio a documentarmi e scopro, con mio grande piacere, che si tratta di un libro sulle donne, ma non una semplice descrizione della vita delle donne bensì delle guerriere, combattenti. Donne piene di sogni, desideri che tuttavia, vivono una quotidianità diversa dalla nostra: sono donne che lottano sul campo da Capo Verde al confine tra Libano e Siria alla Repubblica del Congo. Ms Kalashnikov non è solo il racconto in presa diretta di Francesca Tosarelli, la quale con grande coraggio ha deciso di uscire dalla sua zona di “pace” e di tuffarsi in guerra per vivere, sentire e percepire con tutta se stessa quest’esperienza. E’ un romanzo che può dare tanto a chi si accinge alla sua lettura perché da voce ai pensieri di donne che provengono da diversi angoli del pianeta. Ci mostra le zone devastate dalla violenza della guerra, le loro usanze e persino, nonostante il clima di terrore, anche un loro modo di far festa, vestirsi e comunicare.
Attraverso gli occhi di Wu Ming 5 e F. Tosarelli riusciamo a far luce su questo nuovo mondo basti pensare alla storia di Ja, donna forte, muscolosa ma allo stesso tempo timida e riservata che estrae la sabbia in condizioni molto precarie. Nonostante ciò, presenta una grande forza interiore , che spinge la stessa scrittrice ad avvicinarsi a lei, provando non solo curiosità ma stima ed amicizia. Emerge il desiderio di Ja di ottenere il visto turistico e nello stesso tempo la rinuncia per le varie porte che le sono state sbattute contro, la sua voglia di completare gli studi, d’insegnare alla materna. Casa, lavoro e serenità, cose per noi normalissime ma che per loro valgono tanto, in un mondo dove la mancanza di soldi e di buone condizioni di pace non permettono di condurre una vita serena e agevole.
Si susseguono all’interno del libro, le varie pagine di diario di R.P. e F., che contengono riflessioni, momenti particolari di questa loro esperienza. Questo romanzo si presenta come una possibilità di nuova scrittura, intima e molto autobiografica, che ci catapulta dentro il loro vissuto interiore. Un passo, che trovo esemplificativo di tutto il libro, mi risuona ancora in testa:
“Di giorno in giorno, in questo autunno, mi analizzo, provo a ricaricare le batterie, mi interrogo. Me la vivo meglio che posso. Mi alleno, studio, danzo. No. Non me la vivo bene. Il cuore è altrove, dove le donne hanno scelto di non essere più vittime e provano a prendere in mano la propria vita, o ciò che ne rimane. E combattere.”
Saltano all’occhio, anche le parole di Fanette Umuraza, quando descrive la situazione delle donne in Congo, l’aspettativa dei genitori sul matrimonio all’età di diciotto anni e all’opposto la sua strategia di far lavorare le donne insieme in campi maschili. L’obiettivo era mostrare alle donne, le capacità che possiedono e che sono in grado di essere uguali agli uomini. Possono desiderare le stesse cose, pianificare gli stessi progetti ed effettuare un training formativo, per proteggersi, dagli stupri, violenze ed uscire dallo status di vittima di guerra. I lutti, saccheggi, la fame sono tutti elementi che fanno parte del loro quotidiano, di queste donne che al posto dei libri tengono il mitra in mano.
“Le donne servono eccome in guerra, pure al fronte. Allo stesso modo, se c’è una resistenza, c’è bisogno di braccia. E se le donne saranno lì, al fianco degli uomini, armate, dotate di più o meno potere, con capacità differenti, quello della guerra sarà uno snodo centrale per il cambiamento.”
Dall’altra parte, come già ho accennato, accanto a situazioni di guerre, attentati, di deprivazione e soprattutto sogni infranti, vi è il comprendere le loro usanze, tradizioni e rapporto con il corpo. La musica incalzante di Olomide che ti entra nelle vene, i balli, i loro vestiti dai colori sgarcianti (come rosso, azzurro, giallo) ci portano all’interno della dimensione popolare, dove la comunicazione attraverso il corpo è alquanto eccezionale e travolgente.
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Federica