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Straniera
Stefano, facoltoso architetto pariolino, si innamora e sposa Sima, la “Straniera”, e rimane distrattamente devoto a lei e a Dario, il figlio rimasto irrimediabilmente non partorito.
Zamardili, con la sua scrittura di delicatezza e di verità, racconta la storia a più voci di una “inconsolabile autocommiserazione”, dello spaesamento e spostamento di una donna, distante, sempre, soprattutto a se stessa.
Quando partorire non è gioiosa e fisiologica separazione, ma rimane “un violento strappo da me di quello che ritenevo soltanto mio”, allora si costruisce una relazione simbiotica che possiede, manipola e che, infine, rende vano ogni affetto.
Ogni persona, nel romanzo, racconta dei demoni che ingombrano il cervello e il cuore, della minaccia che arriva dalla parte nemica e interna di sé.
Il dramma di una donna senza permesso di esistere, si costruisce con la paura di misurarsi nello sguardo dell’altro, con l’isolamento come difesa dai rancori del passato, con l’ostinato silenzio dell’abbandono definitivo ad un destino culturale, prima ancora che psicologico.
Un romanzo triste che fa riflettere sulla difficoltà di salvare un copione perdente, sulla necessità dell’adattamento e dell’attaccamento come fondamenta di primaria identità per ogni essere umano, perché decida di partire, di cambiare, di vivere altrove, dovunque, ma nella coscienza della libertà.