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Tommaso & Angelica
Roma. Sono passati già sette anni dall’incidente, eppure per Angelica è come se il tempo si fosse congelato. I tredici anni coincidono con quella che è la fine della sua vita da adolescente, da persona “normale”. Quel maggio del 1987 segna infatti la conclusione di quella che sarebbe altresì stata l’esistenza semplice di una studentessa modello, seria e dedita al dovere, nonché di una giovanissima e bellissima futura donna. Ma si sa, non vi è niente di più imprevedibile della vita stessa, e la ferita che la ventenne protagonista si porta dietro non è solo quella determinata dalle cicatrici che le hanno interamente deturpato la parte anteriore del corpo, risparmiandole al contrario la posteriore, ma sono quelle della psiche, dell’animo, perché Angelica è stata tradita da colei che l’ha generata, da colei che più al mondo avrebbe dovuto prendersi cura di una così giovane libellula, sua madre.
E’ il 1994, a seguito del primo anno di Legge giunto al termine, la famiglia della protagonista, composta dal padre Enrico Gottardo, avvocato, e Marinella, la domestica assunta a fronte della dipartita della coniuge, decidono di trascorrere le vacanze presso la residenza estiva sita in Borgo Gallico. Il paesino è quanto di più inaspettato vi sia per la romana, è un luogo spartano, con il minimo essenziale, un luogo da cui non si aspetta alcunché e che non ha interesse a conoscere. Eppure due figure subentrano nella sua quotidianità portando scompiglio ed obbligandola a reagire, ad affrontare la paura del suo aspetto: Tommaso Petrini, a sua volta ventenne affetto però da una forma aggressiva di retinopatia degenerativa e Giulia, quarantaduenne, sola e apparentemente strana. E mentre quest’ultima riesce a diventare la prima vera amica di Angelica, Tommaso le entra dentro, le ruba il cuore così come lei lo razzia a lui. Per la prima volta ella non ha paura della sua esteriorità, sa che l’uomo che ha accanto la ama per quello che è, la ritiene essere la persona più bella in assoluto perché grazie alle ombre che sempre più frequentemente gli impediscono di prendere cognizione di ciò che lo circonda, sa osservare col cuore, andando oltre le apparenze. Ma è proprio quando le cose sembrano andare per il verso giusto che incomprensioni e durezze della vita si abbattono sui due giovani, tutta una serie di circostanze che di fatto li portano ad allontanarsi, a compiere scelte sbagliate, ma anche a crescere..
Non vi svelo altro sulla trama di “Non aspettare la notte”, nuovo intenso romanzo di Valentina D’Urbano, mi limito semplicemente a dirvi che questo è uno di quei testi che si attaccano sulla pelle sin dalle prime pagine. E’ uno di quei libri che sin dalle prime battute è capace di lasciare il lettore col fiato sospeso, di catturarlo ed affascinarlo sempre più, uno di quegli elaborati che lasciano il segno.
Stilisticamente questo è caratterizzato da un linguaggio fluente, che si adatta ai personaggi che si intercalano nella narrazione, e dunque assumendo sfumature più giovanili quando gli interpreti delle vicende sono i ventenni e più adulte e autoritarie quando subentra la figura del padre, o ancora più dolci e “mammesche” quando al contrario viene data voce a Giulia o a Marinella. Unica pecca che ho riscontrato è la – a tratti – eccessiva fiabescosità. Giustamente l’argomento trattato non è dei più semplici quindi l’autrice ha cercato di “mitigarlo” rendendo più idilliache alcune situazioni. Comprensibile. Nel complesso, un testo che merita di essere conosciuto, che sa farsi apprezzare, uno scritto che è in grado di rievocare l’atmosfera più leggera e meno frenetica di quelli che sono stati gli anni novanta.
«La tua pelle…. È rovinata, è vero. Non ti mentirò, non ti dirò che i tuoi segni non si notano. Perché sei una ragazza intelligente e lo sai pure tu che è la prima cosa che uno guarda, quando ti vede. Ma, Angelica, c’è altro nella vita. C’è molto altro. E tu sei bella da morire. [..] Tu non sei le tue cicatrici» p. 98
«Non c’è nient’altro adesso, niente che non sia il suo respiro tra le labbra, le sue mani che la stringono, rimettono insieme i pezzi. Una disperazione che con lui si trasforma, diventa meno acuminata, un abisso che ora perde i denti e la forza, non la morde più. Il dolore si scioglie diventa rapido, diventa sollievo. [..] Si aggrappano l’uno all’altra. Si baciano come due che stanno per perdersi. E invece si sono appena trovati.» p. 183
«[..] Si lascia cadere. Non avrà più paura di lasciarsi cadere. C’è un lungo salto che dura una vita.» p. 377