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Un'opera monumentale e frammentaria.
Solo un lettore coraggioso e infaticabile avrà la pazienza di affrontare questo tomo ponderoso (simile come mole ad un vocabolario o ad un’enciclopedia), un lettore che, per esempio, avrà avuto l’ardire di iniziare e terminare tutti sette volumi della Recherche proustiana. Albinati ci ha messo dieci anni a completare la sua opera, che oscilla tra il romanzo, l’autobiografia, l’analisi sociologica, la vivisezione ossessiva (e ripetitiva) della violenza, in particolare della violenza maschile sulle donne, in tutte le sue manifestazioni, genesi e conseguenze. Al centro, il famoso delitto di Angelo Izzo e soci, che nel 1975 rapirono e violentarono due ragazze del popolo, una delle quali morì e l’altra scampò fingendosi morta. Gli assassini erano ex allievi di quella “scuola cattolica" romana, il San Leone Magno, gestita da preti, che funge da sottofondo al romanzo, e della quale Albinati fu allievo liceale fino al penultimo anno. Il delitto innescò in quegli anni ’70 una serie di altri delitti e violenze, anche politiche (gli anni della ribellione), che l’Autore analizza sotto ogni aspetto. Ma è il delitto del Circeo che fa da leit motiv alla narrazione, con approfondimenti, reperti, interrogatori, intercettazioni telefoniche, cercando di spiegare nei dettagli le origini della violenza sulle donne in genere ed i retroscena del delitto in particolare. Le parti del romanzo, che non ha un suo vero filo logico, sono dieci, con centinaia di capitoli che affrontano via via, oltre al tema principale, argomenti disparati, dai ricordi legati a professori e compagni di scuola ad incontri con gli stessi anni e anni dopo, da indagini sulla borghesia, data sempre per soccombente ma sempre risorgente dalle ceneri, a considerazioni su fascismo e comunismo, da approcci adolescenziali ai misteri del sesso (l’autore è un maestro in tal senso !) ai tentativi di riconciliarsi con la fede. La scuola cattolica non ne esce comunque bene, troppo ideologizzata e chiusa alla modernità, invischiata dai lacci del denaro che prometteva, nel pensiero dell’autore, una promozione quasi certa A mio parere, i difetti del romanzo sono tanti: la prolissità innanzitutto, che scoraggia anche i meglio intenzionati, la ripetitività di concetti già espressi, quasi che l’autore voglia convincere sé stesso, il compiacimento gratuito nell’insistere su particolari scabrosi, a volte la scarsa coerenza politica, che fa oscillare l’autore dalla simpatia per un amico dichiaratamente fascista alla partecipazione attiva ai collettivi anarchico-comunisti del liceo Giulio Cesare. I capitoli più godibili sono quelli che ricordano con nostalgia e affetto i compagni di scuola e gli insegnanti, pur con tanti distinguo, e segnatamente il vecchio professore di italiano, Cosmo, che tanto ha influito sulla vocazione letteraria di Albinati e del quale l’autore riporta in un’intera parte del libro i pensieri e le riflessioni. In conclusione consiglio di leggere quest’opera monumentale, sconfinata e frammentaria, ai lettori di buona volontà, che sappiano iniziare la lettura e portarla a termine.
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Commenti
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Non temo i libroni, ne ho letti tanti e anche con grande piacere, ma nel caso in questione l'imponente mole del tomo ( e le pagine che ho spiluccato in libreria) esercitano su di me un effetto deterrente . "Domani è un altro giorno si vedrà "
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