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La solitudine dei numeri primi
 
La solitudine dei numeri primi 2009-04-17 19:25:07 Sergio Magaldi
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Opinione inserita da Sergio Magaldi    17 Aprile, 2009

La solitudine dei numeri primi

È l’evento che ne marchia in modo indelebile l’infanzia ad accomunare Alice e Mattia nella diversità, oppure è la natura stessa a creare un pretesto per giustificare la loro estraneità?



L’interrogativo per la verità non sembra appassionare più di tanto il giovane autore del romanzo, preoccupato piuttosto, nelle prime pagine, di descrivere le cause oggettive che hanno prodotto in entrambi gli adolescenti un comune senso di disagio nei confronti di tutti gli altri. I fatti sono eloquenti, ancorché distanti tra loro e con conseguenze diverse. La zoppia di Alice nasce incidentalmente dall’incapacità di trattenere feci e urina ed ha un corrispettivo fisico nella violenza che Mattia impone ripetutamente a se stesso in virtù del tremendo rimorso che lo accompagna costantemente. Mentre Alice tenta di colmare il proprio complesso d’inferiorità e di farsi accettare dagli altri, anche a costo di sopportare le angherie di amiche cosiddette normali, Michele cerca scampo in un’intelligenza di gran lunga superiore alla media che lo porta naturalmente a vivere la propria diversità rispetto agli altri. Alla radice di eventi tanto differenti e che pure ne hanno così pesantemente caratterizzato l’infanzia, Alice e Mattia hanno tuttavia in comune il medesimo malessere nei confronti dei genitori. L’incomprensione degli uni nell’imporre scelte non condivise quanto addirittura penose, fa da contrappunto all’incapacità degli altri di riconoscere la diversa sensibilità dei propri figli: Mattia intellettualmente superdotato e Michela sua sorella gemella, mentalmente ritardata.



Forte è la tentazione di spiegare le scelte di Alice e Mattia col linguaggio della psicoanalisi, non paghi di una facile lettura psicologica che veda unicamente nella ribellione la risposta agli inadeguati comportamenti parentali. Gli argomenti di una simile indagine non mancano nel libro di Paolo Giordano: l’amore-odio che Alice nutre verso il padre, allorché per esempio la ragazza s’intrattiene sul water per espellere anche l’ultima goccia di urina dalla vescica, mentre il padre bussa alla porta del bagno, oppure la foto che, divenuta più grande, la ragazza vuole a tutti i costi nell’abito da sposa di sua madre accanto a Mattia in veste di marito-padre o ancora una mai veramente superata concezione della nascita legata alla teoria della cloaca che la induce quasi a non mangiare per timore, ormai sposata, di restare incinta e più in generale quella particolare attrazione-repulsione che esercita su di lei lo sporco, sia che si presenti nella sudicia caramella che l’amica-nemica Viola la costringe a leccare o nell’incidente occorsole nel bagno di Fabio, suo futuro marito, dove questa volta troviamo il vomito a rinnovarle l’angoscia e il doloroso ricordo del passato. E per quanto riguarda Mattia, benché il lettore conosca chiaramente di che egli voglia punirsi, esercitando violenza su se stesso, resta il dubbio che la componente narcisistica della sua personalità, alimentata dalla mancanza di affetto parentale, sia la vera causa della pulsione di morte che in passato l’ha portato inconsciamente a distruggere quella parte di sé mentalmente non all’altezza dell’altra e che oggi lo induce a comportamenti autodistruttivi.



Da matematico e direi anche da vero narratore, tuttavia, Paolo Giordano, non si pone questioni filosofiche né improbabili indagini psicoanalitiche. Elenca fatti, avanza ipotesi circa la diversità di Alice e Mattia, ma poi risolve il tutto con la certezza dei numeri. Una risposta filosofica, suo malgrado, una modalità scanzonata per dirci quello che pensa veramente. Alice e Matteo segnati da un destino che li accomuna, li avvicina e li tiene distanti, sono in realtà come i numeri primi, numeri naturali cioè maggiori di uno, divisibili solamente per 1 e per se stessi e, per giunta sono numeri primi gemelli, cioè numeri primi separati da un unico numero (per esempio: 3 e 5, 11 e 13, 17 e 19, 41 e 43 etc…), vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero. Sarei curioso di sapere se, nello scrivere questo suo primo, ottimo romanzo, Paolo Giordano sia stato sfiorato dalla tentazione di fare di Alice e Mattia il 2 e il 3, cioè i soli numeri primi gemelli che si toccano davvero!

(Dal blog: lo zibaldone di Sergio Magaldi)

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