Dettagli Recensione
Mario e Guido
Romanzo ambizioso, che abbraccia molte tematiche...l'amicizia maschile, la politica, la famiglia, il disagio esistenziale, il ritrovamento di se stessi...ma non so...non mi ha convinto.
Piatto...ecco...l'ho trovato piatto!
Succedono tante cose, ma, in fondo, sembra che non accada mai nulla...nessun picco, nessuno slancio. Ma De Carlo è così, non ti toglie mai il fiato. Lo so.
Però c'è da dire che in questo romanzo tutti i personaggi li prenderei volentieri a bastonate sui denti, a cominciare dal narratore, questo povero Mario, il cui nome spunta solo dopo 100 pagine, e questo la dice lunga su quanto sia all'ombra dell'altro protagonista, quello vero, quello leader, Guido, con il suo sex-appeal, le sue idee ribelli, il suo talento nello scrivere, la sua irrequietezza...e la sindrome di colui che non sa vivere in questo mondo, da nessuna parte.
Tutte le altre figure sono solo di contorno...senza un vero ruolo nel romanzo, se non quello di sottolineare l'adorazione per Guido, con il suo odio per Milano, per la società che lo circonda, ma bravo solo a lamentarsi, incapace di reagire, di costruire qualcosa, di prendere in mano la sua vita.
Mario lo fa...ma come? Inselvatichendosi...votandosi completamente ad uno stile di vita rurale, tutto natura, terra da coltivare e grano da mietere e coinvolgendo in questo anche la sua donna e i suoi figli facendoli crescere fuori dal mondo...ridicolo ritratto di un modello di vita decisamente opinabile.
Non so, forse io sono troppo lontana dalla generazione dei sessantottini, ma davvero non mi ha coinvolto.
Tra l'altro ho trovato quest'amicizia decisamente unidirezionale...Guido, così concentrato su se stesso e sul suo mal di vivere, ha sempre preso, preso, preso, senza mai dare nulla a Mario (che si è sempre accontentato delle briciole). Fino alla fine.
Salvo solo l'ultimo capitoletto...quello mi è piaciuto...ma per arrivarci ho sbadigliato un bel po'.
Preferisco il De Carlo di "Villa Metaphora", sebbene abbia riserve anche su quello, ma con questo scrittore faccio sempre così: lo critico e poi torno a leggerlo.
Non so perché.
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