Dettagli Recensione
Top 100 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
ll dolore e il slenzio
La perdita del lavoro diviene causa scatenante dell’abbandono di un uomo alle sue paure e alla rabbia incontenibile. “Mi sento come un dio. Non metterti a discutere con me.” p.12
Il male è l’onnipotenza, pensare di essere forti sempre, non prendendosi cura di sé e procedendo verso la perdizione, pur riconoscendo i gradini scesi verso l’inferno depressivo. Ci si può fermare e chiedere aiuto in tempo, purtroppo, però, “la delusione ti tiene legato alle cose sbagliate.” p.166
“Scusa, mi sono perso” p.171: sono le ultime parole che, se fossero le prime, avvierebbero ogni persona verso altre relazioni, verso possibili uscite di felicità, oltre il disturbo psicologico.
Malinconica e complessa la vicenda scelta da Elena Varvello: molte pagine trascorrono in rituali e passatempi, sempre raccontati con stile deciso e benevola sapienza. L’amicizia fra due ragazzi, la vita familiare, le maldicenze di paese: tutti sembrano ingoiati dal silenzio. E il padre, soltanto, che “consuma le parole: le tiene in bocca troppo a lungo e poi le sputa fuori, incespicando” p.73
Leggo di un’estate come confine e come passaggio, di un padre afflitto poco più che trentenne, di un ragazzo di sedici anni affettivamente rapito dalla mamma trentaseienne dell’amico del cuore. Anna ed Elia, si ritrovano “aggrappati l’uno all’altra mentre andavano a fondo” p.91
Chi non si perdona, poi, muore. Ed io assisto dolente, se pur conquistata dalla scrittura puntuale e sicura, all’attesa della punizione che libera, perché nessuno riesce a diluire il cemento dei sensi di colpa, senza una guida.
“Siamo solo persone, Elia”p.185. Ecco, è così, partendo da questa certezza, che potrebbe accadere, oltre il bosco, la vita felice.