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Perdono
Viola. Un’istantanea della tua vita restituirebbe un’immagine opaca e sbiadita. Un lavoro di ripiego, per sbarcare il lunario. Un matrimonio ormai svuotato di sentimenti, per dare a tua figlia un padre comunque affidabile e presente. Un maglione informe e dai colori tristi, per nasconderti allo sguardo dello specchio e della gente. La trasparenza di oggi trova radici in un passato di attese e delusioni, nella tradita fiducia in un padre simbolo proprio di quell’esuberanza artistica e di quel pizzico di follia cui ora sembri aver rinunciato.
Cresci affascinata da questo genitore che scolpisce la fantasia nel gesso e racconta storie bellissime, intrise di mitologia e immaginazione. Credi di avere una vita da plasmare e un futuro tutto da inventare. Invece le giornate passate ad aspettare una telefonata che non arriva, a piangere l’assenza in ogni avvenimento importante, a chiederti perché tuo padre sembra averti dimenticato, ti cambiano. Ti fanno credere di non meritare l’amore della passione, la luce del colore, l’aria frizzante respirata a pieni polmoni, e ti trinceri dietro una vita solida e sicura, di rancori inghiottiti e speranze apparentemente dimenticate.
Ma un giorno proprio quel genitore, da cui ti difendi ormai da anni con una cortina di acredine e risentimento, si presenta a te e ti chiede di accompagnarlo in un viaggio nelle Marche alla scoperta della propria terra, alla ricerca di radici del passato e forse di risposte del presente. Non è facile comunicare attraverso l’orgoglio, le recriminazioni e i rancori ormai sedimentati, ma questo viaggio rappresenta la prima e forse l’ultima occasione per ascoltare la storia e i sentimenti non di un padre o di un famoso artista, ma di un uomo. Un uomo che ha amato, ha sofferto, ha sbagliato. E allora i monti Sibillini, con i loro antichi segreti e i loro leggendari poteri magici diventano simbolo, come le Sibille guaritrici di cui portano il nome, di una forza salvifica capace di purificare il cuore e ridare luce e speranza alla vita.
La penna di Simona Sparaco è morbida e avvolgente come la natura che ci presenta, natura primitiva e serena, natura di riflessione e riconciliazione. Con se stessi, con la propria storia, con i propri errori. Nessuno può salvarsi dalle ferite, e forse si può guarire da una vita in cui non ci si riconosce più solo trovando il coraggio di “lasciarla cadere, per poi raccoglierne i pezzi e ricomporla”. Solo chiudendo gli occhi è possibile ricominciare a sognare e immaginare, prestare nuovamente ascolto a noi stessi, a quei vuoti dentro di noi che sembrano incolmabili ma che forse, a occhi chiusi, possono essere anche riempiti. Con l’amore, il perdono e, soprattutto, l’accettazione dei limiti, nostri e di chi amiamo.
“Credi solo in quello che vedi. Il fatto che tu sia l’unica persona a vederlo non vuol dire che non esista”.
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Non so davvero come ringraziarti.
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