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Il dolore di vivere
L’airone è il quinto romanzo del progetto letterario Il romanzo di Ferrara ed è stato premiato nel 1969 con il Campiello. Bassani anche in quest’opera tratta il problema dell’emarginazione, particolarmente avvertita in un autore che, in quanto ebreo, ha subito le persecuzioni razziali. In lui il concetto di emarginazione è più marcato, perché in effetti si tratta di esclusione dalla società, non di una messa in disparte, ma di un ostracismo pernicioso che in un essere umano, portato per sua natura alla convivenza con i suoi simili, finisce con il provocare l’avversione per una vita che non ha più senso. Anche in questa storia, che si svolge in un giorno freddo e nebbioso dell’inverno del 1947, in una zona d’acque della Bassa, sul Po di Volano, il protagonista, Edgardo Limentani, proprietario terriero ed ebreo, nel corso di una battuta di caccia prende coscienza del fatto che il mondo in cui vive non è più il suo. Il pericolo dei rossi, che intendono trattare con i padroni da pari a pari, quell’atmosfera di sudditanza dei contadini che esisteva prima della guerra e che ora non solo non c’è più, ma che è sostituita da toni baldanzosi, l’amore scemato per la moglie, l’affievolimento di quello verso la figlioletta, la sua origine razziale per cui ritiene di essere discriminato perfino da chi, ex ebreo, si è convertito al cristianesimo, lo fanno sentire un escluso, gli fanno invano rimpiangere la vita che in passato conduceva. Avverte sempre più crescente un sordo dolore per un’esistenza che per lui non ha più senso e cerca disperatamente una soluzione che troverà osservando in una vetrina un airone imbalsamato. Non aggiungo altro, perché è giusto che lo scopra il lettore.
Il romanzo presenta, oltre alla trama, pregi indiscutibili, come la capacità di ricreare l’atmosfera ovattata della Bassa nella nebbia e la corrosiva presa di coscienza dell’autore, in un ritmo lento che amplia i tempi di un giorno e che invita a soffermarsi sui singoli periodi, sempre funzionali alla vicenda. Lo stile è quello tipico di Bassani, mai impetuoso, quasi pudico, ma sempre incisivo, in un italiano che oggi può apparire a tratti desueto, ma che è quanto di meglio un narratore possa esprimere.
Sarà che questo dolore di vivere finisce con il rendere partecipe piano piano il lettore, sarà forse perché dilatare il tempo di un giorno a un’intera vita rallenta un po’ troppo il ritmo, sta di fatto però che, pur apprezzando l’opera, la ritengo inferiore al romanzo di Bassani che, almeno, fino a ora, mi è piaciuto di più: Gli occhiali d’oro. Certamente è una questione di gusto, perché il gradimento c’è stato, tanto che mi sento di consigliarne vivamente la lettura.
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io l'avevo iniziato ma non trovandolo all'altezza dei precedenti che, come ben sai ho letto tutti, risentendo forse di una certa assuefazione, decisi di accantonarlo a tempi migliori. Sicuramente lo riprenderò in mano. Per me è molto bello anche Dietro la porta.
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