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L'uomo scarlatto
 
L'uomo scarlatto 2016-06-14 16:24:12 Rollo Tommasi
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    14 Giugno, 2016
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Scherzi della memoria

“Siamo entrati nella vita portandoci grandi ricchezze e siamo costretti a uscirne ridotti in miseria. E' il dramma universale.”

L'uomo scarlatto non ha nome, né identità. Quel che ricorda è di essere l'unico superstite di un gruppo di circa cinquanta di persone, sorprese da un incendio di grandi proporzioni. Il resto è sofferenza senza una spiegazione certa.
Scarlatta è la sua pelle, se può chiamarsi pelle quella che ricopre un corpo devastato, bisognoso di continue cure e operazioni chirurgiche. E' per questo che trascorre molte settimane all'anno nella clinica di Neuhaus, un luogo dove si “ricostruiscono” corpi, dove ci si occupa di casi disperati, dove pare che si tenti l'impossibile. Mani sapienti tolgono dal suo viso i bendaggi che lo avvolgono per proteggerlo (tanto dai microbi quanto dagli sguardi inorriditi); altre lavorano col bisturi il volto e il corpo per limitare i danni.
In questo microcosmo di medici, pazienti, accompagnatori, si delinea una serie di personaggi eterogenei attraverso cui l'uomo scarlatto tenta di dare risposta all'unica domanda che gli interessa: “chi sono”?

Cinque bobine magnetiche che raccontano altrettante sedute dell'uomo scarlatto con il professor Klein; cinque capitoli (più un sesto introduttivo che spiega come queste bobine siano state recuperate) nei quali Paolo Maurensig dà un'altra prova della sua abilità nel proporre misteri da dipanare.
Il modo in cui lo fa richiama le stesse meccaniche del suo romanzo più conosciuto, “La variante di Luneburg”. Lì, ad un certo punto, lo stupore veniva dall'improvvisa intersezione della vicenda con la Storia del ventesimo secolo. Ne “L'uomo scarlatto”, non ritrovandosi lo stesso effetto (ma il finale offre comunque uno spunto a sorpresa), l'autore sopperisce con l'entrata in scena di personaggi imprevedibili: coinvolgente l'episodio del ritrovamento di un ragazzo che sembra ritardato ma ha particolari capacità artistiche, figura che contribuisce ad infittire il mistero della clinica di Neuhaus. Poi un chirurgo di fama, un anziano pittore, persino una medium... sempre che ciascuno sia ciò che sembra essere. E sempre che la clinica sia davvero un centro di cura per malati gravissimi, e non qualcosa di diverso.
Al termine della lettura, la storia dell'uomo scarlatto non si perde nell'inverosimile, né risulta troppo eclatante; tuttavia il modo in cui è costruito richiama l'esercizio di stile più che il vero e proprio meccanismo a orologeria abilmente congegnato ne “La variante di Luneburg”.
In ogni caso, l'esercizio è virtuoso.

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
“Faust”, con le debite proporzioni, e “La variante di Luneburg”.
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Commenti

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Dell'autore ho letto solo "La variante di L." , che ho trovato artificioso.
Però la tua presentazione me lo ha reso interessante, bella l'idea di fondo.
Capisco, Emilio: Maurensig non ha nè uno stile nè soprattutto una costruzione narrativa facile.
Tuttavia, anche questo modo di narrare può avere il suo "ritorno", spingendo il lettore a riprendere quanto già letto.

Bella idea di fondo, Laura. Il risultato, tuttavia, non è tra i migliori del nostro autore.
No, Rollo. Non intendevo 'difficile' né complesso. Intendevo 'costruito'. Non è grande letteratura.
Emilio, ho interpretato il tuo artificioso come "complesso" perchè è esattamente quello che ho provato di fronte a "La variante di Luneburg", libro che mi è piaciuto molto (non a caso, quando l'ho recensito, ho fatto un paragone con l'equazione a tre incognite, per esaltare in ogni caso una costruzione che mi è sembrata unica). Ho dovuto (dovuto, non voluto) leggere il libro due volte per apprezzarlo appieno quanto alla capacità di raccontare la storia. Sinceramente non so se sia grande letteratura o non lo sia, ma ha destato il mio interesse come pochi libri letti negli ultimi anni hanno saputo fare, e mi fa dire che Maurensig ha uno stile personale ben connotato. Se dobbiamo ragionare in modo oggettivo, e non secondo gusti personali, allora è chiaro che non è grande letteratura ciò che non trova un (quasi) unanime gradimento come tale.
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