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Occhi di luna senza cielo
Maria. Sedici anni. Occhi azzurri, che così azzurri in paese non si erano mai visti e non si capiva nemmeno da dove fossero usciti, occhi per sognare un futuro diverso. Mani affusolate, da principessa, capaci di intrecciare al telaio arazzi con fili di lana e rame, mani per tessere illusioni d’amore. Un vento di speranza, coraggio e audacia, ad animarla e sospingerla verso quegli occhi neri, quella voce possente, quell’espressione arrogante. Verso il marito di sua sorella.
L’ingenuità della giovinezza e la forza della passione non impediscono di sbagliare, di scivolare, di cadere. E’ un attimo. Una giornata di settembre. Il viola degli acini d’uva. Il profumo delle foglie di vite. E non si torna più indietro.
Nell’inseguire la libertà si finisce così in una prigione senza sbarre in cui a impedire ogni movimento è solo la miseria e la durezza della vita. Case popolari in squallidi quartieri, figli che non puoi coccolare e nemmeno tenere con te, scale da spazzare con le tue mani delicate e calze da rammendare alla luce giallognola di una lampadina, un amore annegato nella banalità del gioco e dell’alcool, alla ricerca di un riscatto impossibile.
Cristian Mannu affida ogni capitolo a un personaggio, una voce diversa per raccontare un pezzo di questa storia di vita e di morte. Parole sgrammaticate e dialettali, quelle della vecchia levatrice, a ricordare la giovane Marriedda, bella e innamorata. Parole intrise del risentimento feroce e rabbioso di un padre tradito. Parole di dolore, il dolore folle di una madre che si rende conto di non aver fatto nulla per proteggere le proprie figlie dai suoi stessi errori.
Ma questa non è solo la storia di Maria. E’ la storia senza tempo di un’umanità in cui nessuno si salva dalle colpe, dai tradimenti compiuti o subiti, pagati con una dolorosa solitudine che si tramanda di generazione in generazione come un’amara e implacabile eredità. E’ la storia di una Sardegna dura, che non offre scampo, in cui “muori come nasci”. Il vento soffia piano di notte raccontando fiabe profonde e sofferte e le radici di cui hai bisogno, per poter crescere forte, ti tengono ancorato a una terra aspra e brulla. E’ il terreno dell’anima. Perché questa storia è tutta giocata su un piano interiore e le voci di Mannu fanno emergere emozioni forti, malinconie e dolori capaci di entrarti nel cuore. E lacerarlo con la loro forza e la loro poesia.
“Quella notte ho capito come si sente una quercia privata della sua corteccia. Ti vola via l’anima. E non torna più indietro. E se la notte si alza il maestrale, il tuo corpo è solo un brivido di freddo e buio. E tremi. E piangi. Per tutto il resto della vita ho vissuto come corteccia, aggrappandomi ai muri e barcollando. Corteccia malata, la mia, e traballante. Occhi azzurri e piangenti. Occhi di luna senza cielo.”
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Commenti
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Hai ragione, un esordio come questo è un segnale davvero incoraggiante.
Grazie per il commento.
Grazie mille, soprattutto per avermi consigliato questo romanzo, che altrimenti mi sarei persa.
Un abbraccio.
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è incoraggiante leggere commenti positivi come questo e sapere che si tratta di una giovane penna emergente