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La fragilità della speranza
Ma dove sono stata io? A cosa pensavo in questi 8 anni (il romanzo è del 2008!), ignara dell'esistenza di un romanzo così intenso, doloroso e scritto magnificamente?
La Parrella entra di diritto, dopo questa lettura, nell'olimpo delle scrittrici che mi graffiano l'anima...
Lo "spazio bianco"...è quel luogo sospeso, fuori dal mondo, fuori dal tempo, dove una donna aspetta di sapere cosa ne sarà di lei, del suo amore per quella piccola vita che le è uscita fuori presto, troppo presto...e non sa ancora quale direzione prendere.
Sei mesi sono troppo pochi per venire al mondo.
E 42 anni sono troppi per avere la pazienza di aspettare...da sola.
Essere madre, ma non sentirsi tale...o magari percepirsi tale, ma con il terrore che questa condizione possa essere solo transitoria, così breve da sembrare illusoria.
"Il fatto è che mia figlia Irene stava morendo, o stava nascendo, non ho capito bene".
Lo "spazio bianco" è un tempo fermo, scandito solo dai "bip" dei monitor, dai segni blu che gli oblò dell'incubatrice lasciano sugli avambracci per il loro stesso peso, un tempo misurato dalla lunghezza di una manina minuscola che si aggrappa alla più piccola delle falangi di una mano.
Il dolore è raccontato in sordina, privo di sensazionalismo, come se la scrittrice avesse messo una lastra di vetro tra noi e quella sofferenza, già...proprio come il vetro di un'incubatrice, per evitare, forse, di farci toccare con mano un dolore fragilissimo e precipitare dentro il burrone di un'attesa che lacera.
Ma a me, quella lastra di vetro, non ha protetto granché...ci sono finita dentro quel burrone...e non perché io abbia vissuto un'esperienza simile e mi sia identificata, no, ma perché l'autrice è riuscita a farmi leggere anche il non scritto, il taciuto.
Chapeau.
"Non avevo mai conosciuto la sua presenza e ora mi toccava un'assenza che non sapevo riconoscere".
L'immobilità della vita nel reparto di terapia intensiva neonatale è in netto contrasto con la vita vera, al di fuori di quelle mura, in una Napoli piena di contraddizioni, in una scuola serale per extracomunitari e non, dove Maria, la protagonista, insegna italiano.
Uomini e donne alla ricerca di un riscatto personale nei confronti di una vita che ha scelto per loro.
Un arcobaleno di varia umanità.
Sul grande schermo Maria non poteva che essere interpretata (e molto bene) da una Margherita Buy in gran forma, capace di donarle tutte le sfumature che il suo personaggio si porta dietro: la lucidità, la forza...ma anche la fragilità, l'ansia e le nevrosi di chi ha anche paura di sperare.
La Comencini (Francesca) dietro la macchina da presa ha, secondo me, rievocato molto bene le atmosfere del libro.
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Per me è il primo della Parrella...e mi ha conquistato.
Se ami i racconti, ho sentito parlare molto bene del suo primo libro "Mosca più balena", ma io non l'ho ancora letto.
In ogni caso lei scrive sempre romanzi piuttosto brevi.
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