Dettagli Recensione
Quando l'infelicità si attacca alla carne...
Questo libro si apre con il "raggio di sole" con cui si è chiuso "Stirpe", con Vincenzo, l'ultimo dei Chironi, colui che accende la speranza di una stirpe massacrata...
La prima parte del romanzo procede lentissima, un viaggio difficile e travagliato che il protagonista deve percorrere per giungere finalmente alla "vita", attraversando una terra cupa, aspra, difficile, selvaggia (seppur affascinante), carica di storia, di ferite aperte.
Poi, finalmente, qualcosa si apre...e ci ritroviamo di fronte a pagine e pagine di pura malinconia...si percepisce come una presenza ingombrante l'assenza di chi ha lasciato quella casa per non tornarvi mai più.
"Il tempo passa così dentro alla cucina Chironi, in una pallida imitazione della vita, di quel che è stato. Si sentono dei sopravvissuti, padre e figlia, dentro a un purgatorio immobile di gesti sempre uguali".
Ancora una volta sono sopraffatta dalla bellezza della scrittura di Fois, dalla poesia insita in ogni frase, dalla cura delle parole, mai messe lì per caso.
Ma se in "Stirpe" avevo trovato una grande forza incisiva, un carico emozionale schiacciante e che non dava tregua, qui mi sono ritrovata di fronte ad un opera più "nostalgica", quasi volesse vivere del ricordo del romanzo precedente e godere delle vibrazioni residue...
Il comune denominatore rimane comunque e sempre il dolore, che, nell'eterna battaglia con la felicità, risulta essere perennemente in vantaggio.
"...ma felicità e infelicità, anche quando non differiscono in nulla, mantengono la loro bella differenza quando si attaccano alla carne".
Il finale è molto forte, toccante, ripaga di un inizio un po' lento e dell'effetto "luce riflessa"...e ci apre la strada ad un altro componente di questa stirpe, Cristian.
E "va bene, si ricomincia".