Dettagli Recensione
I MURI...AH, QUEI MURI..
Tre momenti disgiunti della vita di un uomo: età adulta, adolescenza, infanzia.
Tre momenti emozionanti nella loro profonda diversità.
"Sul muro di fronte, dopo i letti degli altri due, c'era un'apertura. Ma non dava sul fuori. Dava sempre sul dentro. Un altro dentro, sempre lì dentro. Ed era un dentro ancora più piccolo"
Il carcere.
Ecco il protagonista di questo piccolo gioiello, che è il primo capitolo del libro.
Un mini-romanzo che mi ha fatto riflettere su tante cose che, da persona libera, ho sempre dato per scontate.
I concetti di tempo e di spazio sono completamente ribaltati: siamo abituati a vivere una vita frenetica fatta di grandi spazi e sempre troppo poco tempo a disposizione, in galera hai tutto il tempo che vuoi, tanto da abbandonare la convenzione sociale di "ore", "minuti" ecc. (conta solo il ciclo del sole), ma devi fare i conti con la privazione dello spazio (nella migliore delle ipotesi ci sono i 54 passi dell'ora d'aria).
Il tempo è così tanto che devi imparare a spalmarlo sapientemente in tutti i tuoi gesti, distribuirlo bene, metterlo un po' dappertutto...altrimenti la sera non arriva più.
E poi i muri...quei muri...
Cosa significa essere circondati da un muro di recinzione?
Il muro non ha incertezze, non ha un volto, non ti tocca se non lo tocchi, eppure fa male...perché i muri sono sempre "contro" qualcuno (e non qualcosa).
"Il muro è il più spaventoso strumento di violenza esistente.
E ti accorgi di tutta la sua potenza soltanto quando vedi un muro in funzione.
Perché non tutti i muri funzionano: quelli che incontriamo nella vita di tutti i giorni, ad esempio, non sono veri muri.
Sono dei muri a salve.
Quelli che stanno lì dentro no. Funzionano. E bene.
Non c'è niente che ti uccide come un muro.
È concepito per agire sulla coscienza. Perché il muro non è una cosa che fa male; è un'idea che fa male.
Ti distrugge senza nemmeno sfiorarti".
Bonvissuto non ti racconta semplicemente il carcere, non te lo descrive...ti ci chiude dentro!!!
E sei lì a guardare le crepe del soffitto, a convivere con la puzza di fogna e il sudiciume per terra, a stendere il bucato alla luce della luna, a farti ossessionare dal tintinnio delle chiavi dei secondini...miraggio assordante della tua libertà perduta.
Non sai per quale motivo/reato sei lì, né per quanto tempo ci resterai, né tanto meno dove...e questo rende il racconto decisamente universale.
Un racconto che non giudica, né vuole fare moralismi, solo mostrarci ciò che non siamo soliti guardare.
Fulminante, poetico e lucidissimo.
Non so quanto sia autobiografico, ma se non lo dovesse essere, davvero non riuscirei a capacitarmi tutto questo realismo e questa profondità di pensiero.
Gli altri due capitoli sono, forse, meno "potenti" del primo, ma non privi della stessa intensità emotiva.
Ti riportano alla luce, dopo il buio della cella...passando per i chiaroscuri dell'adolescenza e finendo nella luce abbagliante dell'infanzia.
"C'è il bianco normale, e poi c'è il bianco delle case di calce al sole di Luglio.
Non sono la stessa cosa: il primo è soltanto un colore, il secondo ha dentro di sé anche un rumore, il crepitare della luce che riflette.
Come una specie di scricchiolio."
Un libro che prima ti schiaffeggia, poi ti massaggia la guancia arrossata, e infine ti accarezza...
Di certo un libro che ti rimane "dentro".