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Maria
Maria di Isili è una donna coraggiosa. La sua colpa è quella di aver amato, di aver provato un sentimento per l’uomo sbagliato, di non aver deciso di rinunciarvi seppur costui fosse il marito della sorella Evelina. Aveva 16 anni Maria quando ha incontrato l’amore della sua vita, quello “zingaro”, Antonio Lorrai di Silìus, in realtà rampollo di buona famiglia che aveva rinunciato alle comodità per girare per la Sardegna con un bagaglio caratterizzato dalle sue pentole, dalla sua libertà e dalla passione per le donne. E quante ne ha avute di donne, quante ne ha conquistate e quante ne ha abbandonate! Costretto ad un matrimonio non desiderato, a sua volta non ha saputo resistere a quegli occhi blu, a quella bellezza unica, a quei seni piccoli e sodi, ai quei fianchi torniti, e come dimenticare quelle vigne e quella data, il 6 settembre….
Vincitore del Premio Calvino 2015, “Maria di Isili” è un’opera che si rivolge direttamente al lettore alternando la voce narrante e raccontando quella che è la realtà di quattro generazioni; quella dei genitori delle due sorelle, quella di queste ultime, quella dei loro figli ed infine quella dei nipoti delle stesse. E’ un romanzo intriso di tradizione, di malinconia dei tempi che furono e di quelli che ormai non arriveranno, è un volume di riflessione sulla propria vita, su quelle esistenze che si sono susseguite negli anni, ma è anche un libro che sprona a ricercare quelle radici che sono un bisogno, una necessità costante in queste famiglie distrutte dal passato, dai pregiudizi, dalle voci, dalle maldicenze, dalla mentalità retrograda di paese.
Dal punto di vista stilistico Cristian Mannu non delude, accarezza l’anima di chi legge, gli sussurra con delicatezza questa storia mediante una scrittura calda, erudita, una prosa poetica, una penna unica. Una piccola perla che merita sinceramente di essere letta.
«Volevo che i nomi parlassero, ricordassero, volevo che le mie figlie avessero un albero con le radici, anche se storte, ma volevo che lo avessero, loro, questo benedetto albero, queste benedette radici, e che lo sapessero disegnare, sena doverselo inventare come avevo fatto io, e che potessero mostrarlo alle loro di figlie e alle figlie delle loro figlie»
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