Dettagli Recensione
LIna
Il quarto volume della tetralogia è molto bello, forse anche più bello degli altri a parte alcune pagine centrali che secondo me andavano tolte o riassunte in cui Elena parla della sua carriera di scrittrice: andavano tolte perché il romanzo è in 1° e non in 3° per cui il fatto che Elena Ferrante parli troppo dei successi di Elena Greco rende entrambe antipatiche al lettore.
A parte queste pagine il resto del romanzo (cioè quasi tutto) è particolarmente riuscito. Mi piace il fatto che ci siano situazioni che aprono alla fantasia e a una visione surreale delle cose come la conclusione, la sparizione di Lina e di sua figlia Tina.
Il romanzo sembra contenere una autoanalisi sincera in alcune pagine particolarmente toccanti. La relazione tra le amiche si chiarisce rispetto agli altri volumi.
La maggior parte delle relazioni descritte nel romanzo, tutte quelle con Lina e con Nino, sono chiaramente relazioni narcisistiche, caratterizzate dal reciproco rispecchiamento e spesso dalla perdita di identità di una delle parti. Essendo relazioni narcisistiche hanno una forte carica distruttiva che si manifesta nelle conseguenze della relazione: Alfonso perde la sua identità sessuale, Nino vede la sua eterosessualità vacillare e per compensare deve costringersi a una attività seduttiva senza distinzione di oggetto (significativa la scena del rapporto con la vecchia), Michele Solara idem come Alfonso, e Elena stessa soffre il peso schiacciante del giudizio dell’amica su ogni cosa che fa.
Ciò nonostante, Lina è il bene e il male, è il fulcro del romanzo, ogni cosa ruota attorno a lei, è così centrale che diventa la chiave di interpretazione di ogni personaggio, della società e della visione del mondo di Elena, contraddittoria e per questo interessante.
Il romanzo è una dichiarazione d’amore/affetto a Lina, l’unica donna, rispetto alla quale tutte le altre sono sbiadite persone usa e getta.
Il romanzo si affaccia sul mondo della mala dei fratelli Solara e delle BR mostrando come nessuno possa dirsi estraneo a questi due mondi. Le BR e la mentalità della lotta hanno affascinato tutta una generazione di intellettuali e la mala ha rapporti così personali con la gente del rione che è difficile riconoscerne la natura maligna. Il lettore stesso ha simpatia in vari punti della storia per Michele Solara. In un certo senso Elena guida il lettore a una diversa morale, a una visione del mondo amorale, cioè libera da regole morali. Ognuno lotta per emergere in piena libertà e il limite alla libertà propria è dato dalla libertà altrui per cui i Solara finiscono ammazzati, Pasquale va in prigione, Nino ha il premio/castigo delle sue mille donne (tutte meno Lila, l’unica che per lui conti qualcosa), Elena ha il successo, gli uomini si cambiano e si alternano e se la figlia quindicenne vuole portarsi in casa un convivente ventenne, peggio per lei. Se la vedrà con il tempo. Tutto questo scenario, questa nuova morale inseguita per quattro volumi e di cui Elena sembra seguace però le crea anche un certo disgusto per cui il romanzo è contraddittorio.
Elena arriva a dire che quello che le piace di Lila è il fatto che non sia schiava proprio di questa visione del mondo, che abbia sprecato in piena libertà il suo talento, che sia stata generosa con gli amici, disinteressata, altruista. Che non abbia cercato il successo a ogni costo.
Perciò, a un mondo basato sull’autoaffermazione egoistica, Elena affianca l’esigenza di generosità e la nostalgia per un mondo in cui ci sia solidarietà e amore disinteressato. Ma come tutti, non vuole essere lei l’idiota (in senso Dostoevskijano) a rimetterci per prima con la storia dell’amore disinteressato, essendo il mondo indiscutibilmente un inferno popolato da piranha.
La conclusione sembra una dichiarazione d’affetto e di perdono e un riavvicinamento oltre le apparenze del visibile, quindi per l'eternità, tra le amiche.
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