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Assecondare la propria natura per non soffrire
“A sedici anni ero una vera bellezza. Avevo il viso di un ovale perfetto, stretto alle tempie e un po’ largo in basso, gli occhi lunghi, grandi e dolci, il naso dritto in una sola linea con la fronte, la bocca grande, con le labbra belle, rosse e carnose e, se ridevo, mostravo denti regolari e bianchi. La mamma diceva che sembravo una madonna”
C’è da chiedersi perché La romana sia tra i romanzi meno conosciuti di Alberto Moravia e non abbia raggiunto lo stesso successo di opere come La noia o La ciociara. La sua storia infatti è coinvolgente e la figura della protagonista – Adriana, una giovane prostituta della Roma anni ’30 – è descritta con una delicatezza e una sensibilità fuori dal comune, che possono uscire solo dalla penna di chi sa leggere l’animo umano nelle sue pieghe più intime e profonde, con un livello di immedesimazione spirituale nel prossimo quasi totale. Moravia è capace di tutto questo e il suo romanzo La romana è il ritratto complesso ed estremamente realistico di una ragazza del popolo “piena di contraddizioni e di errori”, che suo malgrado viene trascinata in un tenebroso vortice di eventi scabrosi, a cui tuttavia è costantemente in grado di opporre uno spirito puro e genuino, fatto per amare, che incredibilmente sembra non corrompersi al contatto con un mondo gretto e avaro di felicità.
Adriana sogna di sposarsi e di avere una famiglia ma la condizione sociale, la solitudine e alcune conoscenze sbagliate la conducono lentamente e in modo quasi indolore sulla via della prostituzione, che finisce per accettare non solo come una sua inclinazione naturale (“il mio mestiere non mi piaceva, sebbene, per una contraddizione singolare, ci fossi portata per natura”) ma anche come un amaro ed inevitabile compimento del proprio destino.
“Avevo capito che la mia forza non era desiderare di essere quello che non ero, ma di accettare quello che ero”
La piena e serena accettazione della propria condizione come unico antidoto al dolore dell’esistenza: è questo il fulcro ideale attorno al quale ruota coerentemente l’intero romanzo, anche nei suoi risvolti più drammatici.
L’innamoramento di Adriana per Mino, uno studente freddo e scostante, sembra rimettere tutto in discussione e ridare linfa anche ai quei sogni di vita normale precedentemente abbandonati. Il lettore segue passo per passo l’altalena dei sentimenti contrastanti della protagonista, augurandosi il suo riscatto fino alle ultime pagine, che pur nella loro desolazione lasciano uno spiraglio aperto alla speranza.
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