Dettagli Recensione
Lascito
È un libro d’amore, fondamentalmente d’amore.
L’amore è quello di Giuseppe Dessì per Villacidro, il paese dietro il quale si cela il toponimo Norbio. È l’amore dell’autore per la sua terra e per la sua storia misto ad un disappunto che inframmezza lo scritto con severi rimproveri ad una certa sardità, quella fatta di rassegnazione passiva rispetto ad un destino di popolo colonizzato.
Sardegna, colonia d’Italia; Sardegna, terra da sfruttare; Sardegna, eterno fanalino di coda.
Eppure traspare in tutto lo scritto la necessità impellente di credere in un futuro migliore per la sua terra. Ripercorrendone la storia a cavallo dei secoli XIX e il XX ,si assiste ad una “focalizzazione sarda” della storia nazionale e di alcuni scenari internazionali che irrompono in una terra magicamente statica in balia di un destino severo, cupo, disgraziato ed ineluttabile.
Chi può dunque garantire quel messaggio di speranza?
È il piccolo Angelo Uras che sia affaccia alla vita e al cancelletto di legno di Don Francesco Fulghieri. È orfano di padre, povero, legatissimo alla madre Sofia. Diventerà il destinatario di un’immensa fortuna: possedimenti, terre, frutteti e oliveti che gli garantiranno un’insperata mobilità sociale . Il romanzo narra di lui, l’homo novus, il contadino povero, il povero che ha uno spirito grande, un’intelligenza viva, una sensibilità d’animo che nessun rango può eguagliare. Viene spontaneo crescere con lui, amare, soffrire, evolversi in un’empatia continua che ogni evento nodale riesce a suscitare destando viva commozione grazie all’uso sapiente di una prosa che va dritta al cuore.
I numerosi pregi del romanzo non sono però solo riconducibili all’impianto narrativo, alla trama, allo stile intriso di forte soggettivismo. Il testo oltre ad avere il pregio di rappresentare un messaggio di speranza, pienamente avallato dalla bellissima frase finale, ha il potere di restituire un vissuto che ancora perdura. Scrive chi vede una mamma ancora oggi segnarsi, dopo uno spavento umettandosi la gola con un dito bagnato di saliva, chi sente il proprio genitore rispondere al telefono con un “Commandi” se all’altro capo c’è una persona che viene percepita importante o tante altre piccole sfumature culturali che ancora resistono nel tempo.
Oggi la modernità ha cambiato l’aspetto del paese, un mantello orripilante per alcuni versi lo ha tradito camuffandolo di intonaco, la storia ha inflitto nuove violenze ma non ha modificato il ciclo della vita né lo ha incrinato. Prosegue inesorabile in altri destini percorrendo nuove traiettorie storiche, sociali, culturali, consapevole di un tempo che fu.
Dessì è riuscito a restituirci il nostro passato dosando storia e fantasia, rappresentando l’anima di un territorio che amava profondamente, consegnandocelo in dono come solo un padre può fare. Un’opera per soli sardi? Affatto!Un’opera per tutti perché “ogni punto dell’universo è anche il centro dell’universo”(introduzione a I passeri, 1955): uguale è la vita, l’amore, la morte.
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Una recensione molto interessante . Dell'autore ho sentito esclusivamente lodi. Evidentemente nella letteratura italiana ci sono scrittori di valore ingiustamente un po' dimenticati. Fortunatamente ogni tanto qualche lettore ce li ricorda.
Te ne consiglio sicuramente la lettura.
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