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Guagliò, che brutta carogna è 'a guerra...
Nicola è un ragazzo di 16 anni, terminato l'anno scolastico trascorre i mesi estivi presso l'abitazione degli zii che vivono in una piccola isola vicino Capri.
E' una fuga dalla città, un'evasione tanto agognata da Nicola che trova su quell'isola il suo habitat naturale, la terra da calpestare a piedi nudi per non perderne mai il contatto, per sentirne sempre il calore se non quando la si abbandona per salpare in mare, con la barca dello zio, capostipite di una famiglia di pescatori, uomini che vivono il mare e lo rispettano, ne conoscono le insidie ma anche la suprema bellezza.
"Si ottiene dal mare quello che ci offre, non quello che vogliamo. Le nostre reti, coffe, nasse, sono una domanda. La risposta non dipende da noi, dai pescatori. Chi va sotto a prendersela con le sue mani la risposta, fa il prepotente col mare. A noi spetta solo la superficie, quello che ci sta sotto è roba sua, vita sua."
Nicola, nel pieno della sua adolescenza, non si riconosce negli altri ragazzi della sua età, spesso non ne condivide gli interessi e soprattutto l'atteggiamento di spensieratezza e baldoria che li contraddistingue: sono ragazzi degli anni '50, ragazzi che hanno ancora negli occhi il riflesso delle fiamme, la polvere delle macerie e nelle orecchie il sibilo dei proiettili e la sirena che preannuncia l'attacco aereo.
Loro vogliono dimenticare, vogliono convincersi che sia tutto finito, così come gli adulti che preferiscono cambiare discorso piuttosto che spiegare, perchè spiegare significa ricordare, riportare in vita quei momenti.
"Dopo la guerra i vivi avevano indurito il silenzio, un callo sopra la pelle morta della guerra. Volevano abitare in un mondo nuovo."
Ma Nicola vuole sapere, non gli basta quello che è scritto sui libri, perchè non è la vera storia quella:
"Pure se parlo fino a domani, tu di com'è stata la guerra che ho visto non puoi sapere niente. Si deve sapere con gli occhi, con la paura, con la pancia vuota, non con le orecchie, coi libri."
Nicola conoscerà la guerra strappandola parola dopo parola dalla bocca del cugino maggiore, mentre sono occupati con la rete da pesca e la mente non ha appigli per trattenere i ricordi ed il cuore ha bisogno di parlare, di raccontare l'odio e la rabbia per l'incapacità di opporsi ad ordini disumani, parole di morte urlate in tedesco, una lingua sconosciuta ma dal suono inconfondibile, impossibile non riconoscerlo nelle voci dei turisti che ora girano per l'isola, anche loro spensierati, anche loro immemori della violenza perpetrata.
E poi quella ragazza, l'unica tra le tante sull'isola che incontra lo sguardo di Nicola e lo cattura; diceva di chiamarsi Caia, ma 'lei non era Caia, un nome, lei era una persona che si chiamava così'.
Ed ancora una volta la guerra ritorna prepotente, nascosta nel segreto di quel nome Caia, un segreto ben custodito dalla ragazza, sotterrato nel profondo del suo cuore perchè farebbe male se riaffiorasse.
E' un dolore che chi ha vissuto la guerra in prima persona non vuole condividere, per difesa propria e degli altri, per non soffrire ricordando e per non turbare chi ascolta, incredulo di fronte a tali atrocità, per non generare altro odio, altra violenza, altra guerra.
Nicola, però, non può non sapere, in quel segreto scoprirà anche l'amore:
"Ci s'innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore. Ci s'innamora da vicino, ma non troppo, ci s'innamora da un angolo acuto un poco in disparte in una stanza, presso una tavolata, seduto in un giardino dove gli altri ballano al ritmo di una musichetta insulsa e decisiva che fa da colla di pesce per una faccia che si appunta a spilli sul diaframma del petto."
E Nicola diventerà adulto, e diventerà un soldato, perchè la guerra non è solo in trincea, è nel cuore degli uomini.
Per chi ha già amato De Luca in 'Non ora, non qui' oppure 'I pesci non chiudono gli occhi', non rimarrà deluso da questo piccolo capolavoro.
Lo stile dell'autore è unico, inconfondibile: la narrazione segue uno spartito musicale, le frasi non si leggono ma si sentono, non ci sono rime ma quei periodi vibrano con un'intensità e con una magia che solo la poesia sa creare.
E' una questione di feeling sicuramente.. sono vibrazioni che non tutte le corde potrebbero percepire, molti potrebbero rimanerne del tutto indifferenti.
Ma per gli altri: prendete De Luca, prendete il mare... e lasciatevi trascinare..
"Era una notte ferma. Il mare a riva non riusciva a muoversi di un passo. Quand'è così non è nemmeno mare, pare cielo. Sul crocchio delle nostre teste stavano fitte a gragnuola le stelle, senza fiato nei pini."
"Sentivo il parlottio quieto mischiato allo sciacquo del remo, smozzichi di parole, perchè a mare s'intendevano tra loro solo con la sillaba principale, l'accentata, stenografia insegnata dal vento che porta via il resto."
Indicazioni utili
I pesci non chiudono gli occhi
Commenti
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Sull'autore sono molto perplesso : ho letto due suoi testi : due delusioni; in "I pesci..." addirittura ho riscontrato cadute di stile tali da domandarmi se non esistano più i correttori di bozze !