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Diceria dell'untore
 
Diceria dell'untore 2016-04-21 17:20:56 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    21 Aprile, 2016
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Uno scoglio di Mala Speranza

La malattia, l'eterna lotta tra la vita e la morte, l'inevitabile resa, la voglia di amare e di amarsi nonostante tutto sono gli argomenti principali di questa bella opera di Bufalino. L'incedere lento della tubercolosi detta i ritmi del romanzo, la prosa barocca crea un'atmosfera cupa ma al contempo poetica, la bellezza degli assolati paesaggi siciliani ravviva l'aura di decadenza in cui sono invischiati i personaggi. Una sottile ironia pervade l’intero racconto, un sarcasmo dissacrante che sembra prendersi gioco delle velleità e delle speranze di noi poveri comuni mortali. La guerra è appena finita, ma ognuno, chi in un modo, chi nell'altro, ne porta addosso i segni. Siamo in un sanatorio nel palermitano, più precisamente nella bellissima Conca d'oro, nei mesi che seguono la fine del secondo conflitto mondiale. A capo della struttura sanitaria troviamo il Gran Magro, primario sui generis troppo dedito all’alcool e alla blasfemia per curare la propria cirrosi. Tra le mura della rocca si respira aria malsana, la malattia opprime il fisico e condiziona la mente, la falce del Tristo Mietitore è sempre in agguato. In mezzo allo stuolo di disperati in bilico tra la vita e la morte troviamo l’io narrante, un giovane reduce cui il freddo e gli stenti patiti al fronte hanno dilaniato i polmoni. In attesa che la tisi decida cosa farne di lui, il nostro protagonista si trascina stanco e sfiduciato di giorno in giorno, coltivando una singolare amicizia con il Dottore fatta di brindisi a base di Porto, partite a scacchi e bizzarre dissertazioni filosofiche e teologiche. L’entrata in scena della bella ed esangue Marta, ricoverata nel reparto femminile, scombinerà tutte le carte inserendo un nuovo fattore nella delicata partita tra la vita e la morte: l’amore. Ma come può un così dolce e nobile sentimento non trovarsi in totale contrapposizione con il senso di disfacimento e distruzione che pervade quella sorta di prigione che è il sanatorio? Come può la vita continuare a reclamare spazio in un corpo ormai martoriato da un “innominabile minotauro”? Cosa può sentire di essere un uomo davanti al disegno di un creatore “gaffeur”, “cavadenti”, “schiappa”, “garzone di mago” se non “un guardiano di faro scordato dagli uomini sopra uno scoglio di Mala Speranza”? “Fossi stato sicuro di non lasciarmi dietro a ogni passo le mie lumacature e polluzioni d’untore, non sarei rimasto a covare nel pagliericcio la febbre come una cimice, ma sarei sceso a consumarmi fra la gente, in fretta, ero troppo vigliacco per morire a rate. Questo nei primi mesi, poi alla esistenza smozzicata degli altri finii con l’assuefarmi, e dal loro consorzio non volli più disertare.”

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Commenti

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Complimenti per il commento. Non mi pare una passeggiata,lettura abbastanza impegnativa,no?
Impegnativa ma ben ripagata. Grazie Sary.
siti
22 Aprile, 2016
Ultimo aggiornamento:
22 Aprile, 2016
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Bel commento Enrico per un'opera notevole.
Commento molto interessante, Enrico, anche se non ho letto il libro.
Grazie Laura ed Emilio. È un libro veramente pregevole che mi sento di consigliare vivamente a chi ancora non l'abbia letto.
E' da tanto che mi propongo di leggere qualcosa di Bufalino, ha uno stile che mi piace. Prendo nota!
Leggilo Cristina, non te ne pentirai.
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