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L'amore molesto
 
L'amore molesto 2016-04-08 09:14:43 Cristina72
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    08 Aprile, 2016
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Miscuglio molesto

Il romanzo è un miscuglio di più elementi, alcuni dei quali francamente mediocri, ma uno su tutti spicca salvando in qualche modo tutto il resto: la figura di Amalia, che ha scelto di togliersi la vita, e le indagini introspettive della figlia Delia, che vive un lutto in apparenza composto ma talmente intriso di sensi di colpa e congetture da farle sfiorare la demenza.
Ed è in questo stato onirico di quasi demenza che procede la narrazione, sullo sfondo di una Napoli descritta a tinte fin troppo fosche (sembra che lo sport preferito dei partenopei sia inveire contro qualcuno a suon di oscenità).
Delia al funerale non versa lacrime ma sangue, concetto su cui nelle prime pagine ci si sofferma in maniera irritante, specificando i cambi di assorbente (per fortuna l'emorragia dura poche ore), al punto che la frase che apre un nuovo capitolo - “Ero forte, asciutta, veloce e decisa” - fa più che altro pensare ad uno spot pubblicitario.
Non è l'unica défaillance del libro: stranamente non si apre alcuna inchiesta sulle circostanze misteriose del suicidio, i congiunti non vengono interrogati e la casa della defunta resta accessibile a chiunque ne possieda le chiavi.
Emerge potente dalle pagine, con una quintalata di torbidi ricordi, un affetto viscerale, irrisolto, venato di desiderio fisico verso una figura materna enigmatica, o vista come tale, “modellata” per anni dalle botte del marito geloso, artista fallito: la solarità di Amalia dà sui nervi all'uomo, il suo sguardo stupito di fronte ai pugni lo insospettisce, ogni suo respiro gli sembra un anelito di vita che vorrebbe soffocare.
La gelosia morbosa del padre si trasmette fatalmente a Delia, che dal canto suo non perdona alla madre il ricordo infantile della paura dell’abbandono, il sospetto di una vita segreta da cui lei era esclusa, di un amante che si appropriava di tutte le carezze.
Viene da pensare che, inconsciamente, abbia sempre preferito allontanare il dolore considerando Amalia colpevole piuttosto che vittima innocente, o farsi anche lei carnefice, prendendone le distanze.
Questo dilemma psicoanalitico, che è il fulcro del romanzo, è anche la parte più interessante e avrebbe meritato una cornice più onesta, circostanze più verosimili.
Di molesto, alla fine, c’è soprattutto l’idea, certamente generata da una mente maschile, che una bambina di cinque anni possa trarre piacere dagli approcci sessuali di un sordido vecchio, e la sensazione di un odore sgradevole proveniente dalle pagine (dalla città asfittica, dai personaggi squinternati), a cui si aggiunge una certa insofferenza nei confronti della protagonista, sgraziata, apatica, asessuata: probabilmente il prodotto finale di più autori.



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Ciao Cristina.
Il tuo bel commento mi ha ulteriormente convinto che questa sedicente scrittrice non fa proprio per me: avverto qualcosa di respingente, come qualche volta mi è capitato anche per altri autori. Che poi sia ai primi posti nelle vendite è una questione che riguarda più la sociologia che la letteratura.
Sì anche a me la mente è sembrata maschile per il tipo di rapporto con la madre, confermando l'impressione dei giorni dell'abbandono. Ma il dilemma psicoanalitico e anche la descrizione quasi onirica della vicenda è bella. A me piace che tutto resti tra sogno e realtà, in sospeso. Credo che anche il fatto che la storia non sia ben chiara dal pdv giudiziario faccia parte del voler lasciare le cose nel sogno. A me ha ricordato la seconda parte di Aracoeli, quella in cui si parla del rapporto madre- figlio (con la madre di Manuelino-ninfomane) in modo bellissimo, onirico, a metà tra sogno e fantasia infantile. Anche qui allo stesso modo molti ricordi sono trasfigurati dalla fantasia infantile. A me il romanzo forse proprio per il peso del senso di colpa è sembrato toccante. Perchè pensi a più autori? Dove vedi le diverse mani? In effetti quella di più autori è una opinione che ho letto ma a me pare che alcune cose siano ricorrenti, quindi penserei a una sola mano o a una sola mente perlomeno.
@Emilio, la penso come te e non credo che leggerò altro “dei Ferrante”.
@Mario, mentre nell'Amica geniale prevaleva l'elemento femminile qui l'impronta mi sembra maschile nel rapporto un po' edipico con la figura materna e in diversi particolari che non sto ad elencare, per esempio l'attenzione quasi feticista per gli indumenti intimi.
E poi, come ho già scritto, una donna sa che una bambina non potrebbe in nessun caso gradire le molestie sessuali di un vecchio.
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Mario Inisi
08 Aprile, 2016
Ultimo aggiornamento:
08 Aprile, 2016
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A me pare maschile anche l'amica geniale, per il rapporto poco affettivo e poco emotivo. Mi sembra l'ideale di donna perfetta di un professore universitario, solo che il prof. universitario l'avrebbe fatta meno intelligente.
Aspettavo un tuo commento a questo titolo e mi trovo del tutto d'accordo con Emilio.
Mi ritrovo perfettamente nel tuo giudizio. Hai descritto la sensazione che produce la lettura e l'atmosfera che aleggia sulla storia (che io reputo torbida). Non avevo colto una mano maschile, ritengo interessante anche l'ipotesi del team di ghost writer impegnati a fabbricare il fenomeno editoriale. Chissà a chi l'ha fatta (e con quali schermi) l'intervista Nicola Lagioia... :-)
Cristina72
09 Aprile, 2016
Ultimo aggiornamento:
09 Aprile, 2016
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@Mario, non credo che i professori universitari scrivano tutti allo stesso modo, né che i rapporti affettivi ed emotivi siano una prerogativa delle donne. Io nell'Amica geniale ho riscontrato elementi femminili, diversi da quelli di uno scrittore che finge di essere donna.
@Silvia e @Bruno, penso che nel rapporto tra scrittore e lettore debbano esserci onestà e trasparenza, concetti che in questo tipo di romanzi latitano. L'intervista di Nicola Lagioia sarà una bella pastetta fatta ad arte.
Emilio , concordo pienamente con il tuo giudizio. Idem per la bella recensione di Cristina. Mi regalarono a suo tempo alcuni libri di "Elena Ferrante" . Li ho riciclati.
Ritengo il successo di questa scrittrice - o scrittore- un mistero insondabile
E qui scatta la curiosità...però ho troppo da leggere e di sicuro valore. Quest' estate forse... quella passata l'ho dedicata a Maupassant, che mi dici Balzac o Ferrante? Ciao Cristina!
In risposta ad un precedente commento
Mario Inisi
10 Aprile, 2016
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A me questo romanzo anche se torbido sembra onesto. Ad es. il piacere legato alla violenza non è cosa strana anzi credo che sia possibile e frequente specie nei bambini che non riescono a identificare l'aggressione subito, e è alla base di gravi danni nell'identità e alla base di una bassa autostima e all'identificazione con il carnefice del senso di colpa e credo che gli psicologi ci debbano combattere molto più che se la sensazione avuta fosse stata paura o orrore o altre sensazioni negative. Così la violenza più l'identità sbiadita a me sembra credibile. L'amica geniale mi pare più una scrittura voluta, questa più inconscia. Se una persona ha un vissuto torbido scrive torbido, ci sta. A me questo romanzo sembra sincero. Non ci vedo l'operazione commerciale.
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