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Il cerchio si chiude
La terza e conclusiva puntata della saga con protagonista la famiglia Chironi prosegue lo scivolamento dall’epica alla cronaca già profilatosi all’orizzonte durante l’episodio centrale e, pur rimanendo una lettura che sa appassionare, dà l’impressione di un finale in calando. La scrittura dell’autore, nella quale le metafore giocano un ruolo fondamentale, avvolge come di consueto restituendo appieno l’ambiente vorace a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, ma l’unurbamento in una Nuoro che ha ormai completato il passaggio da paesone a città finisce per comprimere la componente naturale di una Sardegna selvaggia che riesce a farsi largo soltanto a tratti sopravvivendo in particolare nelle condizioni atmosferiche che si intrecciano con il percorso dei personaggi. Quest’ultimo è raccontato con un andamento non regolare, con un corposo flash-forward iniziale e poi inserendo una serie di flash-back per gli indispensabili collegamenti con gli altri volumi; l’elemento sovrannaturale ha uno spazio di nuovo limitato, riducendosi solo quasi alla dimensione onirica, a testimoniare forse che la materialità dei tempi nuovi finisca per scacciare la magia in via definitiva. In modo analogo, mentre nei romanzi precedenti era il fato – una sfiga dalla mira infallibile, a dire il vero – a scatenare la tragedia, qui essa ha origine senza eccezioni per mano dell’uomo scatenando un classico meccanismo di delitto e castigo. Cristian è il rampollo rimasto dei Chironi, orfano dalla nascita di Vincenzo e dall’adolescenza della madre, e si innamora – ricambiato – di Maddalena, ragazza del suo miglior amico, Domenico: quando il primo scompare – lasciando, come da tradizione familiare, un pugno di cellule che diventerà suo figlio - e se ne va anche Marianna, l’ultima della stirpe, al centro della scena si pone la famiglia del secondo, i Guiso, che si sono arricchiti con le speculazioni edilizie. Nelle loro traversie, l’attaccamento alla ‘roba’ rinforza i legami con i Malavoglia, ma i capitoli conclusivi regalano un ribaltamento inatteso che mette ogni evento in una diversa prospettiva: si tratta però di una svolta un po’ troppo brusca che fatica a integrarsi del tutto con la più corposa parte che l’ha preceduta, sebbene l’ ‘inquadratura’ finale di Maddalena sia un’immagine che si stampa con forza nella memoria. Oltre ai dubbi sollevati dagli ultimi avvenimenti narrati, si possono individuare ulteriori momenti non essenziali (il masochismo di Domenico) o poco giustificati se non poco riusciti (la vocazione) tanto da far pensare che il lettore occasionale, incappato in queste trecento facciate ignorando il resto della trilogia, ne uscirebbe assai meno soddisfatto di chi ha invece una visione d’insieme e, soprattutto, vuol sapere come va a finire. Malgrado qualche difetto, ‘Luce perfetta’ resta un libro che vale ampiamente la pena di affrontare grazie alla capacità dello scrittore di costruire un mondo in cui è inevitabile immergersi a tal punto che a volte risulta difficoltoso abbandonare le atmosfere che si sono andate creando con il volgere delle pagine: sensazione che spinge a considerare che, se i Chironi fossero stati raccontati con un solo volumone anziché con tre romanzi distinti, la loro epopea sarebbe stata davvero indimenticabile.
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