Dettagli Recensione
Un Mondo, un Universo. Chiara.
E’ il 16 ottobre 1943 che Chiara Ferrante compie il suo primo vagito. La sua vita, giorno dopo giorno, è stata scandita dalla totale pura e semplice dedizione al prossimo, in particolare il suo sogno è ed è sempre stato quello di aprire una casa d’accoglienza per i bambini in difficoltà, soggetti ai soprusi dei genitori o comunque vertenti in circostanze tali da confinarli all’abbandono, alla solitudine, alla perdita della speranza.
Ma Chiara non è soltanto una donna dedita alla cura dell’altro, è anche una donna di grande conoscenza, una persona che vive con poco perché l’essenziale non è nella materialità ma nell’essenza. La conoscenza, la libertà individuale, l’onestà intellettuale sono i capisaldi del suo essere. Quella della profonda protagonista di questo romanzo, non è una esistenza semplice, ha dovuto compiere tante scelte, talune l’hanno condizionata in modo irreversibile, altre l’hanno indotta ad intraprendere sentieri che non sempre si sono rivelati i migliori. Quando poi è giunta alla conclusione di aver raggiunto un’età in cui le sue certezze, se non altro, potevano definirsi concrete, ecco che la vita la mette nuovamente di fronte all’ennesima difficoltà, ad estenuanti decisioni, ad ulteriori “scogli”. Questa volta però quello che è in gioco è la sua stessa identità.
Accanto e sulle retrovie delle vicissitudini di questa magnetica figura, tanti sono i personaggi che spiccano, molteplici sono le prospettive che vengono introdotte. Tre sono le generazioni che Anna Maria Balzano porta all’attenzione del lettore, ere forse diverse ma ciascuna caratterizzata da grandi valori e da un messaggio di fondo semplicemente cristallino.
Quello ricostruito dall’autrice è un microcosmo di mille emozioni in cui un’attenzione specifica è rivolta alla famiglia e ai valori in essa insiti ed oggi giorno sempre più rari, quasi dimenticati. In queste pagine è possibile ritrovare l’Italia dagli ultimi anni del Secondo Conflitto Mondiale a quelli immediatamente susseguenti dove essa si mostra come uno stato sanguinante ed ancora sofferente per quelle morti e quelle ferite che mai potranno essere dimenticate, è possibile osservare l’evoluzione del ruolo della donna e della sua emancipazione, gli anni del terrorismo nero e rosso ma anche dei fatti storici globali che si sono alternati, i giorni dei sogni e dei risvegli disillusi, la necessità di adeguarsi ad un futuro che non lascia scampo tranciando senza remore tutto quel che sino ad allora era stato l’essenziale, l’essenza, sino ad arrivare a quello che è il presente.
Lo stile narrativo adottato è intenso, profondo, rapido. Anna accarezza chi legge adattando la parola alla vicenda, all’epoca trattata. Il lettore è così inevitabilmente attratto dalle circostanze, si immedesima con i personaggi, nutre verso di loro una natura empatia.
Altra positiva peculiarità dello scritto è la ineccepibile ricostruzione storica posta in essere, un excursus semplice, lineare, che nulla lascia al caso e che mai risulta pedante.
Mediante lo strumento del ricordo ed avvalorato da una penna unica e propria all’autrice, “Il cappotto blu” è un romanzo solido, capace di trasmettere dolore, speranza, gioia, riflessione, valori. E’ un inno alla forza di volontà, alla semplicità, alla riscoperta di sé e del prossimo, ma è anche un invito a meditare sulla propria esistenza ed essenza, al dedicare parte del proprio tempo a chi ci circonda, alle piccole cose, all’essenzialità, all’accettazione. E’ questo, ma anche molto altro ancora.
«Dalla parte della giustizia, Chiara. Abbracciare un ideale o una fede non vuol dire bendarsi gli occhi. Bisogna essere sempre vigili, per rimanere dalla parte della verità. Si può, anzi qualche volte si deve persino, cambiare idea, se ci si accorge che le cose prendono un corso sbagliato. Si tratta di onestà, Chiara. Onestà intellettuale. Non pretendere di vedere ora subito tutto chiaro. E’ troppo presto. [..] So che soffrirai. So che sarà doloroso e terribile. Pensa Chiara, che il mondo che ci circonda è pieno di cose terribili che sono incomprensibili per chi non sia spinto da un’affannosa ansia di potere e di ricchezza. La vita per alcuni può essere un inferno. E siamo noi che la rendiamo un inferno. Ecco perché bisogna cercare la giustizia e la verità. Senza paura di essere accusati di qualunquismo da chi ha tutto l’interesse a farci sentire un meschino piccolo egoista. Bisogna avere il coraggio di seguire ciò che è giusto, a qualsiasi costo.»
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