Dettagli Recensione
Storia della bambina perduta.
"....è buona regola non pretendere chissà che ma godersi il possibile."
Quando ho finito questo libro, il quarto ed ultimo della saga dell'Amica Geniale, mi sono sentita persa, ho pensato: "Ed ora, che faccio senza Lila e Lenù?", lo so può sembrare esagerato ed assurdo, ma quando ti appassioni ad una storia bella, scritta con maestria, poi è difficile farne a meno, resti come sospesa, pensi ora troverò nuove letture che possano coinvolgermi allo stesso modo e farmi sentire soddisfatta?
La Ferrante non ha mai avuto un cedimento nel raccontarci la storia delle due amiche, pagina dopo pagina, non c'è mai stato un momento nel quale mi sia annoiata od abbia pensato -la sta tirando troppo per le lunghe-, tutto è perfettamente perfetto, oltre a Lila e Lenù, c'è anche la storia dell'Italia dagli anni 50 fino ai giorni nostri, mi hanno impressionato le pagine che ripercorrono le ore terribili di quella maledetta domenica del 23 novembre 1980 quando tutto il meridione fu scosso dal terremoto che distrusse tanti piccoli paesi dell'Irpinia, gli anni bui del terrorismo, la piaga della droga, i movimenti femministi, i ruggenti anni della democrazia cristiana, la scalata dei socialisti, gli agguati di camorra, le brigate rosse e poi Napoli: una città bellissima, dai mille contrasti estremi, che Lenù e Lila amano ed odiano nella stessa identica maniera.
"Essere nati in questa città serve a una cosa sola: sapere da sempre, quasi per istinto, ciò che oggi tra mille distinguo cominciano a sostenere tutti: il sogno di progresso senza limiti è in realtà un incubo pieno di ferocia e di morte."
"Storia della bambina perduta" continua a raccontare di Lila e Lenù, che si avvicinano di nuovo, riallacciano il rapporto di amicizia che si era allontanato, ma mai spezzato, Lenù capisce ed aiuta la mamma con la quale aveva sempre avuto un rapporto difficile, Lila, invece, sarà costretta ad affrontare un dolore, dal quale non è possibile riprendersi mai più, continuerà a vivere, ma senza vivere più realmente.
"Io ero io (Lenù) e proprio per questo motivo potevo farle spazio in me darle una forma resistente. Lei invece non voleva essere lei (Lila), quindi non sapeva fare lo stesso. La tragedia di Tina, il fisico debilitato, il cervello allo sbando certamente concorrevano alle sue crisi. Ma il malessere che chiamava smarginatura aveva quella ragione di fondo."
Passione, odio, amore,amicizia, invidia, tradimenti, indifferenza, arrivismo e tanto altro, il libro è un condensato di sentimenti, di vita vissuta, Lila rimarrà sempre la più forte colei che conduce, ma sarà Lenù a spiccare il volo, quella che farà le scelte difficile, ad affermarsi e con la sua pazienza e amore a tenere saldo il rapporto di amicizia tra le due ed alla fine tutto ritornerà al principio dalle due piccole bambine che persero le bambole nella cantina di Don Achille....
"Ogni rapporto intenso tra essere umani è pieno di tagliole e se si vuole che duri bisogna imparare a schivarle. Lo feci anche in quella circostanza e alla fine mi sembrò di essermi solo imbattuta in un'ennesima prova di quanto fosse splendida e tenebrosa la nostra amicizia, di quanto fosse stato lungo e complicato il dolore di Lila, di come esso durasse ancora e sarebbe sempre durato."
Concludo con l'ultima frase del libro e consigliando la lettura di questa splendida storia:
"A differenza che nei racconti, la vita vera, quando è passata, si sporge non sulla chiarezza ma sull'oscurità. Ho pensato: ora che Lila si è fatta vedere così nitidamente, devo rassegnarmi a non vederla più."