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Questione di brache calate
Un nuovo guaio sulle rive del lago di Como, il paese di Bellano di nuovo teatro di un evento increscioso riuscito ad adombrare i festeggiamenti della proclamazione dell'Impero d'Italia, con l'annessione al Regno della colonia etiope. L'anno 14 dell'era fascista doveva essere ricordato per la conquista dei territori africani è invece, a Bellano, famoso per una vicenda di biancheria intima rubata. Per i paesani assume il furto più importanza dell'impero da celebrare e del concerto di campane messo in piedi a tale scopo, così i campanili religiosi e secolari del comune, gioiosi al suono di “maccondirondirodello” passano in secondo piano.
Esplode un caso da “Moulin Rouge”, l'intimità della ricca borghesia di paese viene ridicolizzata e messo in evidenzia che il più pericoloso calo di brache è quello metaforico e non quello reale. Se il secondo produce effetti su chi lo compie o al massimo sul cornificato consorte, il primo è capace di spiattellare sulla pubblica piazza i vizi privati per generazioni, trascinando nel fango più di una famiglia. Nel caso specifico tutta la “Bellano bene”.
I tradimenti e i pruriti di signore più o meno attempate sono il centro delle scena, narrati con sincerità, malizia, leggerezza e frivolezza, senza volgarità. Lo stile è fresco, semplice e di facile fruizione, le parole capaci di rendere l'aria di complotto e di sospetto narrata dalle vicende e nel contempo abili nel far trasparire quel sorriso sornione tipico delle facce dei pettegoli e delle comari, le cui frasi hanno spesso inizio con “io te lo dico, ma non farne parola con nessuno”.
Di nuovo, ne “Le belle Cece” rimestiamo tra la polvere dei tappeti, apriamo gli armadi, spiamo da dietro le tende, sussurriamo mezze frasi sotto il casco della parrucchiera mostrando le ammaccature nelle apparenze delle vite costruite delle, cosi dette, “persone perbene” facendo emergere, tra un sospetto e un sospettato, i personaggi tipici dei piccoli paesi. La pettegola, l'arricchito, lo scroccone diventano protagonisti e attori di scene di vita vissuta dell'Italietta degli anni trenta, palesando modi e maniere di un tempo. Caratteristiche di un passato che per certi versi ci appartengono ancora, ma che fanno sorridere, come la moglie che può fare ciò che vuole purché prepari la cena al marito, obbligato ad arrivare puntuale al desco e il vecchio diritto di famiglia, dove si recitava che con il matrimonio “La moglie aggiunga al proprio cognome quello del marito” , fornendo alla sposa, tra gli altri privilegi, la possibilità di cifrare le mutande con più lettere che da nubile!
Durante la lettura spesso si ride e il quadro che si compone è credibile, solo in alcuni passaggi si ha l'impressione che la corda venga tirata più del dovuto, come a voler allungare le pagine senza sortire alcun effetto benefico, producendo solo stanchezza nel lettore.
Verace e simpatico!