Dettagli Recensione
L’uomo è il passato della donna
Serena Dandini ci ha fatto tanto ridere ai tempi di Avanzi. Oggi torna in veste di romanziera e rischia di strappare qualche lacrima (“La mamma… aveva previsto tutto, ma non la varietà della pianta. Elena fu felice di sceglierla per lei”) con “Il futuro di una volta”.
Perché i protagonisti del romanzo sono i reduci del Sessantotto (“Erano figli di un dio minore, ma di un pantheon psichedelico”), quei giovani che hanno sognato l’amore libero e una società fondata sull’immediatezza dei rapporti, magari vissuti nell’utopia e nella magia esotica delle spiagge di Goa. Quei giovani (“Non si sa come, erano riusciti a passare attraverso le forche caudine del terrorismo e dell’eroina, scivolando con grazia tra le strette feritoie che la politica e la droga avevano lasciato libere”), oggi ultrasessantenni che ancora vivono ripiegati su un sogno che le dinamiche storiche e sociali hanno negato.
La storia scorre su due binari paralleli: quello italiano della madre Laury e della figlia Elena (“Era stufa di proiettarsi in vite fantasiose che non erano la sua. Forse era arrivato il momento di buttarsi nella realtà”), espressioni di due generazioni contrapposte; il binario parigino di Yves (“Questo francese che possedeva uno yacht sulla Senna”), per il quale “l’uomo è il passato remoto della donna”. Un uomo misterioso, che – sfidando l’anagrafe – coltiva ancora un sogno d’amore (“E noi canteremo allo sposo il nostro cavallo di battaglia… You can’t always get what you want”).
Giudizio finale: nostalgico, moderatamente critico e soffuso d’ironia.
Bruno Elpis