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Rapporto madre-figlia
Questo romanzo di Elena Ferrante è uno dei più belli dell’autrice, un romanzo onirico e simbolico che andrebbe analizzato non solo dal punto di vista letterario ma psicanalitico. E’ un romanzo pieno di immagini, e spesso il racconto assume la dimensione fantasiosa del sogno. Fin dall’inizio, con la prima riga: Mia madre annegò la notte del 23 maggio, giorno del mio compleanno, ci fa entrare nel vortice emotivo di rapporti famigliari in cui i congiunti si amano di un amore storto. Molesto è l’amore della madre per la figlia ma anche della figlia per la madre, o del marito per la moglie. Le molestie del vecchio sporcaccione non hanno lo stesso grado di malignità insita in questi rapporti e non fanno gli stessi danni.
L’amore più doloroso e difficile, più ambivalente è senza dubbio quello tra figlia e madre. E’ un amore minato dalla paura dell’abbandono, dalla sfiducia, dalla ambiguità della figura materna e infine dal senso di colpa della figlia sia per la morte della madre che per la vita della madre. Il senso di colpa esplora anche il sentimento di gelosia per la madre, un sentimento maschile simile e quasi più forte della gelosia ossessiva paterna. Delia è gelosa del padre che sente rivale, dell’amante (vero, presunto o possibile) della madre, delle persone che rivolgono la parola alla madre, dei sorrisi, dei pensieri di lei. L’amante della madre è una figura irreale, ingigantita e resa onnipotente dalla fantasia della bambina. La madre di Delia è una donna a due volti. Ha più di sessant’anni, età in cui una donna non si sente nemmeno donna. Eppure Delia ne dà al lettore una doppia immagine: vecchia e giovane, la donna con il ventre cascante e le mutande slabbrate e quella dalle gambe giovani, con il reggiseno sexi con cui è stata trovata, che ride con gli uomini, il cui corpo sembra gonfiarsi di una sensualità fuori controllo.
Delia descrive le sua ansie da abbandono: da bambina si chiude nello stanzino perché ha paura che la madre non torni, teme che incontri un uomo che gliela porti via. Da grande aspetta una sua telefonata per una giornata intera e ha paura che le succeda qualcosa nel viaggio come in effetti succede. L’amore della madre per la figlia non è sano, non è sicuro. La donna le manda messaggi contraddittori.
Ultimo ma non meno significativo, si suicida il giorno del compleanno di Delia. Quale regalo più crudele? Però, nonostante il suicidio e le telefonate strane alla figlia che come a cinque anni è a casa in pena attaccata al telefono, pensa a farle un regalo di compleanno: una valigia con vestiti della sua taglia e con biancheria femminile di lusso.
Il rapporto madre-figlia ricorda molto il rapporto madre-figlio di Purdy descritto nella versione di Geremia: un amore ossessivo in cui il figlio ammette di non poter amare altre donne che la madre. L’ambiguità materna si trasmette da madre a figlio come un’eredità e in un certo senso anche il regalo dei vestiti sembra andare in questa direzione. Sembra che la madre, sfuggente, debba essere incorporata da Delia dentro si sé per poterla avere con sé. Delia si allontana da se stessa per poter avvicinare lei e sentirsi Amalia.
Questa condizione di allontanamento da sé e di perdita di identità è accentuata dal senso di colpa, dalla bassa opinione che Delia ha di se stessa. L’unico modo per avere la madre con sé è introiettarla e intrappolarla dentro di sé al posto di sé. Il romanzo segue un percorso di riscatto e in parte di recupero ma soprattutto della figura materna. Il percorso seguito dal romanzo non è “sano” per la figlia che insegue la madre per la strada della nostalgia, del rimpianto, del senso di colpa. Fondamentalmente , la morte della madre mutila e manipola il tentativo di Delia di inseguire la verità sulla madre. Delia sente la necessità di salvarla più che di salvare se stessa. A un certo punto il lettore si trova al bivio ma da lì Delia allontana anche il lettore da sé, cerca di spingere la sua simpatia verso sua madre. Il conflitto non viene dunque risolto se non con il sacrificio di Delia .
Il percorso di difesa di Delia bambina e di comprensione per l’amore difettoso dei suoi non è portato avanti. C’è rancore di Delia per se stessa, la violenza che subisce da parte di Caserta nonno non suscita nessuna pietà in lei. Pensa di essersela meritata e cercata. Delia anche nel romanzo resta una figura smorta rispetto alla madre. Fisicamente la sua sessualità e la sua femminilità sono discutibili. Il suo corpo magro e muscoloso è descritto in alcuni momenti del racconto come maschile e in altri come femminile. Il racconto non riesce mai a smontare come invece dovrebbe (non per una riuscita letteraria ma di percorso psicologico) le radici del senso di colpa di Delia, di conseguenza il cammino di avvicinamento alla madre non passa per la consapevolezza del sé ma per la perdita dell’identità. Il sé lontano e indegno è sostituito da un ego lontano dal conoscersi, dall’accettarsi e dall’amarsi. Un ego che si sfama dello stesso amore insoddisfacente che la madre e il padre hanno vissuto nella loro vita in un perpetuarsi malato degli stessi errori. Delia ne è consapevole e interrompe la catena opponendo al meccanismo che intuisce perverso il suo rifiuto di avere figli. Non tenta però di percorrere la strada di smontare il senso di colpa legato alle pulsioni infantili incestuose. E’ curioso come il senso di colpa per pulsioni e emozioni resti prepotente e che spesso persone con simili traumi anziché smontare il meccanismo perverso del senso di colpa tendano a minare il senso morale che ha una funzione positiva e necessaria. Io credo che dipenda dalla profondità del senso di colpa e dal fatto che uno continui a guardarsi indietro con gli occhi di bambino e non di adulto condizionando però la vita da adulto. Delia non tenta di avvicinarsi ai suoi sul piano della realtà ma della fantasia e del sogno. Anche lei decide di restare avvolta dallo stesso sogno, dalla stessa nebbia da cui è forse affascinata.
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la chiave psicanalitica è davvero molto bella, una domanda volevo farti: il senso di colpa è una componente che trova le sue radici nella visione giudaico-cristiana del mondo occidentale, per questo, almeno da un punto di vista più filosofico che psicologico, riesce ad essere così profondo; questo aspetto è toccato dal racconto?
Se si intende il senso di colpa come perdita dell'oggetto interno dovrebbe esserci anche una personalità, parlo della figlia, molto ansiosa, come in effetti mi par di capire; sono molto d'accordo con te quando dici che deve essere una storia basata sulla realtà almeno in parte.
Credo che lo leggerò.
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