Dettagli Recensione
"Non smettere mai di fiorire"
Venti anni separano Chirù ed Eleonora, lui diciottenne, lei trentottenne. Lui studente di violino, lei attrice. Lui allievo, lei maestra di conoscenza e coscienza.
Complici sono i due protagonisti, in un rapporto caratterizzato da tutte le contraddizioni del caso perché pacifico è che insieme ai valori è impossibile non trasmettere anche le ecchimosi del proprio io. Nella lettura sappiamo infatti che il giovane è la figura pronta ad apprendere, ad arricchirsi del sapere che la sua mentore è in grado di trasmettergli, di fatto è il contrario. Eleonora non riesce a scrollarsi di dosso le sue paure, le sue ferite. E’ una donna che vive nel presente ma con un passato sonante intriso di piaghe dell’anima. Ella ha avuto altri allievi (Teo, Alessandro e Nin), tutti più giovani di Chirù e tutti con un percorso diverso, nessuno però capace di metterla alle strette come l’ultimo dei suoi protetti. Pochi mesi ha a disposizione per trasmettergli quegli insegnamenti capaci di aprirgli gli occhi, di donargli quell’unico vero lascito. E’ un addestramento alla vita quello dell’attrice, con annessi e connessi, valori positivi alternati ad altrettanti deprecabili ed opinabili seppur indispensabili al quotidiano.
Pagina dopo pagina è però sempre più evidente quanto gli scheletri nell’armadio della teatrante siano ancora vividi e forti tanto che la sensazione è quella di un diciottenne che non ha paura di abbracciare i sentimenti, di vedere oltre, a dispetto di una donna che teme di perdere il controllo, che crede di potersi separare dall’altro quando in realtà la dipendenza è forte quanto quella di una droga. Ed ecco allora che l’insegnante si tramuta in allievo e l’allievo in maestro.
Chirù è il racconto del passaggio di testimone in un susseguirsi di generazioni che trascorrono accumulando, inconsapevoli di quel che trasmettono. In un’epoca ove non vi sono più riferimenti, principi e guide, l’uomo vive in una sorta di “orfanitudine” in cui non occorre aver perso i genitori per sentirsi tale. Così è per il violinista che ha ancora al suo fianco tali legami sanguinei incapaci però di comprendere quel che egli vuole realmente, inetti nel vedere al di là di quegli occhi. Così è per Eleonora e quei dogmi familiari che tanto l’hanno vincolata, segnata, impossibilitata.
Stilisticamente parlando lo scritto è caratterizzato da una penna erudita, fluente, ricca. Un piacere per lo spirito di chi ama queste caratteristiche. Contenutivamente l’elaborato inganna. Potrebbe sembrare una storia ovvia e semplice quando in realtà si basa interamente su elementi quali presente e passato, ferite e cure, paure e coraggio, incapacità di gestire la dimensione affettiva da cui così incessantemente si vuol scappare, rammarico, la consapevolezza del fare la cosa giusta anche quando non vorremmo. Metaforico.
« Ci sono anime che hanno addosso un’incrinatura segreta, una frattura sospesa che sfugge anche a chi la porta dentro. Quella linea sottile può restare invisibile per lungo tempo, animando l’illusione dell’intero come fa la crepa nel cuore di un piatto scheggiato. Quando quella frattura cede è sempre causa di un niente: basta un grado in meno nell’aria a provocare la contrazione della materia e metterne a nudo la ferita. Altre volte a far cessare il patto silenzioso delle molecole è un tocco lieve, uno sfiorare il bordo dorato del piatto senza altra intenzione che la carezza. Allora la finzione dell’integrità cade all’improvviso e rivela l’anima di cocci, irreversibile. Bisogna essere molto attenti per riconoscere nei gesti altrui il suono sordo della ceramica scheggiata ».
Indicazioni utili
- sì
- no
no = a chi non ama le penne sofisticate e i romanzi a metà tra metaforico e non.